Dott. Vincenzo Tedesco

Nutrizionista e Neuroscienziato

Dottore in Biologia Cellulare e Molecolare

Dottore di Ricerca in Biomedicina Traslazionale e Farmacogenomica


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mercoledì 22 marzo 2023

Sistema immunitario nell’intestino collegato a depressione indotta da stress

Uno studio della Johns Hopkins Medicine di Baltimore (USA) mette in evidenza l’importanza delle cellule T intestinali gamma delta e del recettore dectina-1 nel modificare, a livello intestinale, la risposta allo stress. Secondo gli autori dello studio, colpire i cambiamenti mediati da queste cellule immunitarie dell’intestino potrebbe permetter di sviluppare nuovi trattamenti per la depressione da stress.


Le cellule T intestinali gamma delta (cellule T γδ) giocano un ruolo importante nel modificare le risposte psicologiche allo stress. È quanto emerge da uno studio condotto da un team di ricercatori della Johns Hopkins Medicine di Baltimore (USA), che ha evidenziato anche l’importanza di un recettore noto come dectina-1, che si trova sulla superficie delle cellule immunitarie. Secondo gli autori dello studio, pubblicato da Nature Immunology, andando a colpire i cambiamenti mediati da queste cellule immunitarie nell’intestino, con farmaci o altre terapie, si potrebbero sviluppare nuovi trattamenti per la depressione da stress.

La dectina-1 si lega ad alcune proteine per mandare alle cellule immunitarie il segnale di attivarsi. Questo recettore, secondo i ricercatori, può essere implicato nell’alterazione del microbioma e nelle risposte immuno-infiammatorie nel colon, il che suggerisce un suo ulteriore coinvolgimento nella risposta allo stress attraverso le cellule T γδ nel sistema immunitario intestinale.

Lo studio
Lo studio è stato condotto sul modello animale. In una serie di esperimenti, i ricercatori hanno simulato ambienti che inducono stress che potrebbero imitare risposte simili negli ambienti umani. Dopo esposizione allo stress, i topi sono stati classificati come resilienti o suscettibili allo stress. I ricercatori hanno raccolto campioni fecali per l’analisi genetica, allo scopo di identificare la diversità batterica nel microbiota intestinale. L’analisi ha mostrato che gli organismi intestinali nei topi sensibili allo stress presentavano meno differenze rispetto ai topi resistenti allo stress. In particolare negli animali suscettibili a stress si registrava una presenza minore una perdita del probiotico Lactobacillus johnsonii.

Fonte: Nature Immunology 2023

venerdì 24 febbraio 2023

Dieta mirata con psicobiotici riduce stress e ansia

 

NUTRIZIONE | REDAZIONE DOTTNET | 22/02/2023 12:02

La ricerca irlandese, che ha coinvolto l'unità di metabolomica del Centro ricerca e innovazione di Fem, con l'analisi dei biofluidi umani, ha confermato i benefici prodotti da questi microorganismi

La Fondazione Edmund Mach di San Mic tele all'Adige ha partecipato allo studio internazionale coordinato dalla University College Cork (Irlanda) che dimostra come la combinazione virtuosa di stile di vita e alimentazione incida sulla salute mentale delle persone. Focus dello studio - si apprende - sono gli psicobiotici, microrganismi benefici che si affiancano ai probiotici, che operano lungo l'asse microbiota-intestino-cervello e contribuiscono a migliorare le prestazioni del sistema nervoso umano.     La ricerca, che ha coinvolto l'unità di metabolomica del Centro ricerca e innovazione di Fem, con l'analisi dei biofluidi umani, ha confermato i benefici prodotti da questi microorganismi, compiendo un ulteriore passo nella direzione di un intervento preventivo o curativo attraverso l'alimentazione, di sindromi quali depressione, Alzheimer, autismo o disturbi da stress in generale. Dallo studio emergono, in particolare, quattro elementi principali della dieta che sono in grado di migliorare la salute mentale: gli acidi grassi omega-3, i polifenoli, le fibre e gli alimenti fermentati. Si può realizzare una dieta bilanciata, senza dovere assumere integratori, semplicemente associando ad una dieta mediterranea elevate dosi di alimenti fermentati, come crauti, yogurt, kefir e kombucha.  "Con tutte le necessarie limitazioni date dalla durata dell'indagine e dalle dimensioni esigue del campione di studio, è possibile affermare che l'adozione di una dieta mirata può rappresentare un valido strumento nella riduzione di stress, ansia e depressione", afferma Andrea Anesi, ricercatore della Fem.

lunedì 28 novembre 2022

Il miele grezzo migliora la salute cardiometabolica

Il miele migliora le misure chiave della salute cardiometabolica, compreso il colesterolo, specialmente se è grezzo e proviene da un’unica fonte floreale, secondo uno studio pubblicato su Nutrition Reviews.

“Precedenti ricerche hanno dimostrato che il miele può migliorare la salute cardiometabolica, specialmente negli studi in vitro e sugli animali. Abbiamo condotto una revisione sistematica e una metanalisi degli studi clinici sul miele, e abbiamo scoperto che questo alimento è stato in grado di abbassare la glicemia a digiuno, il colesterolo totale e il colesterolo LDL, i trigliceridi e un marcatore di steatosi epatica, nonché di aumentare il colesterolo HDL e alcuni marcatori di infiammazione” spiega John Sievenpiper, della University of Toronto, in Canada, autore senior dello studio.

I ricercatori hanno valutato 18 studi controllati per un totale di 1.100 partecipanti e hanno visto che, pur essendoci una scarsa certezza delle prove per la maggior parte delle ricerche, il miele produceva costantemente effetti neutri o benefici, a seconda della lavorazione, della fonte floreale e della quantità. La dose giornaliera media di miele negli studi era di 40 grammi, o circa due cucchiai, e la durata media dell’osservazione era di otto settimane. Il miele grezzo ha portato molti effetti benefici negli studi, così come il miele provenienti da fonti monofloreali, come la robinia (miele di acacia) e il trifoglio. Gli esperti sottolineano che il miele trasformato perde molti dei suoi effetti sulla salute dopo la pastorizzazione, ma che l’effetto di una bevanda calda sul miele grezzo dipende da diversi fattori e probabilmente non riesce ad eliminare tutte le sue proprietà benefiche.

“Non diciamo che le persone dovrebbero utilizzare il miele se al momento evitano lo zucchero, ma se stanno usando zucchero o un altro dolcificante, cambiarlo con il miele potrebbe ridurre i rischi cardiometabolici” concludono gli autori.

Nutr Rev. 2022 Nov 16;nuac086. doi: 10.1093/nutrit/nuac086. Online ahead of print

Redazione Nutri e Previeni

mercoledì 9 novembre 2022

Bambini italiani tra i più sovrappeso in Europa

I bambini italiani sono tra i più sovrappeso, con rischio obesità, in Europa. 

Il sovrappeso e l'obesità infantili minano la salute in tutta la regione europea. Queste condizioni sono legate a molte malattie non trasmissibili, dalle malattie cardiovascolari al diabete e al cancro. Oggi, 1 bambino su 3 nella Regione vive con sovrappeso o obesità e le percentuali sono in aumento anche se gli ultimi dati mostrano una tendenza decrescente in Grecia, Italia, Portogallo, Slovenia e Spagna. Ma nonostante tale diminuzione, la prevalenza di sovrappeso e obesità in questi paesi è ancora tra le più alte della Regione. 

L'OMS/Europa ha pubblicato un nuovo rapporto “COSI” (Childhood Obesity Surveillance Initiative), il quinto di una serie che misura le tendenze in sovrappeso e obesità tra i bambini in età scolare dalla scuola primaria dal 2007 al 2020

I risultati del nuovo rapporto si basano in particolare sugli ultimi dati raccolti nel 2018-2020 in 33 paesi della regione europea dell'OMS. In totale, sono stati monitorati quasi 411.000 bambini di età compresa tra 6 e 9 anni. Per la prima volta, il rapporto presenta i dati di Armenia, Germania (città di Brema) e Israele, paesi che hanno recentemente aderito all'iniziativa di sorveglianza dell'OMS.

Sovrappeso e obesità: gravi fattori di rischio per la salute 
Il sovrappeso e l'obesità infantili minano la salute in tutta la regione europea. Queste condizioni sono legate a molte malattie non trasmissibili (NCD), dalle malattie cardiovascolari al diabete e al cancro. Oggi, 1 bambino in età scolare su 3 nella Regione vive con sovrappeso o obesità e le percentuali sono in aumento in molti paesi. 

Complessivamente, il 29% dei bambini di età compresa tra 7 e 9 anni nei paesi partecipanti all'indagine viveva con sovrappeso, inclusa l'obesità. La prevalenza era più alta tra i ragazzi (31%) rispetto alle ragazze (28%). 

D'altro canto il rapporto rivela che quasi tutti i bambini (87%) in tutta la Regione europea dell'Oms giocano all'aperto per almeno un'ora al giorno; il 43% dei bambini mangia frutta ogni giorno e il 34% mangia verdura. 

Riduzione del sovrappeso e dell'obesità
Nel nuovo report rispetto a quello precedente (2015-2017), si registra una diminuzione statisticamente significativa della prevalenza del sovrappeso tra maschi e femmine a Malta, tra maschi a San Marino e femmine in Italia, e una diminuzione dei livelli di obesità tra i ragazzi a San Marino e le ragazze a Malta.

Più in generale i dati del rapporto hanno mostrato una tendenza decrescente nella prevalenza del sovrappeso in Grecia, Italia, Portogallo, Slovenia e Spagna dalla sua prima edizione nel 2007-2008. Ma nonostante tale diminuzione, la prevalenza di sovrappeso e obesità in questi paesi – soprattutto nell'Europa meridionale – è ancora tra le più alte della Regione.

Migliori politiche per invertire tendenze preoccupanti

"Abbiamo urgente bisogno di politiche migliori che possano aiutarci a invertire le attuali tendenze dell'obesità infantile, soprattutto sulla scia della pandemia di COVID-19 che è vista come una pericolosa causa di sovrappeso e obesità", ha detto il dottor Kremlin Wickramasinghe, capo ad interim dell'Ufficio europeo dell'OMS per la prevenzione e il controllo delle malattie non trasmissibili, che ha prodotto il rapporto. .

La necessità di ridurre i livelli di obesità nei bambini e negli adulti è evidenziata nel Programma europeo di lavoro 2020–2025 dell'OMS, che promuove un'azione unita per una salute migliore in tutti i 53 paesi della regione.

Quotidiano Sanità

martedì 18 ottobre 2022

Malattie infiammatorie intestinali: dieta con fibre peggiora i sintomi

In alcuni pazienti che soffrono di malattie infiammatorie intestinali diete ricche di fibre possono peggiorare i sintomi. Gli autori dello studio da cui è emersa questa evidenza stanno mettendo a punto un test delle feci in grado di esaminare la flora intestinale di ciascun paziente e predire se avrà o meno una risposta negativa da una determinata dieta, in modo da consentire al clinico di formulare raccomandazioni alimentari personalizzate.


Regimi alimentari a base di fibre possono causare una risposta infiammatoria in alcune persone che soffrono di malattie infiammatorie intestinali; risposta che determina, a sua volta, un peggioramento dei sintomi.
A evidenziarlo è un team dell’Università dell’Alberta, in Canada, che ha pubblicato uno studio su Gastroenterology. Il team sta cercando, ora, di mettere a punto un test delle feci in grado di esaminare la flora intestinale di ciascun paziente e predire se avrà o meno una risposta negativa da una determinata dieta, in modo da consentire al clinico di formulare raccomandazioni alimentari personalizzate.
I sintomi delle malattie infiammatorie intestinali sono rappresentate da dolore addominale, diarrea, sangue nelle feci, perdita di peso, pubertà ritardata e un rischio a lungo termine di tumore del colon-retto. La causa di queste malattie non è nota, ma alcuni fattori di rischio sono genetici, ambientali, legati alla dieta e ai cambiamenti nel microbioma intestinale.
I pazienti con malattie infiammatorie intestinali che non tollerano una dieta a base di fibre sono stimati nell’ordine del 20-40%. Tuttavia, scrivono gli autori dello studio, si tratta quasi sempre di una situazione transitoria, per cui è possibile che dopo qualche mese questi pazienti possano tornare ad assumere fibre.
Il team, inoltre, ha scoperto che alcuni cibi come carciofi, cicoria, aglio, asparagi e banane sono particolarmente difficili da fermentare se mancano o se non funzionano bene determinati batteri presenti nell’intestino, come accade spesso nei pazienti con malattie infiammatorie intestinali.