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domenica 29 luglio 2012
Allungare la vita con e senza memoria
Neuroscienze e nutrizione: allungare la vita con e senza memoria
La restrizione calorica comporta una minor memoria nell'età adulta, ma ne permette una buona conservazione in età avanzata, l'opposto avviene influendo sulla via di segnalazione insulina/IGF-1
Il nematode C. elegans è, com'è noto, uno dei modelli più utilizzati negli studi sulla longevità. E per esso sono stati ottenuti notevoli successi nell'allungamento della vita sfruttando due metodi alternativi. Il primo è quello che ricorre a una drastica riduzione della dieta, mentre il secondo agisce attraverso un indebolimento del segnale insulina/IGF-1.
Questo tipo di studi, peraltro, non ha di mira tanto l'allungamento della vita in sé, ma l'identificazione dei meccanismi coinvolti nel declino delle funzioni fisiche e psichiche correlato all'età. Per questo Amanda Kauffman e colleghi della Princeton University hanno progettato un test per valutare la capacità di apprendimento e di memoria di C. elegans, per poi utilizzarlo al fine di identificare i componenti necessari all'apprendimento alla memoria a breve termine e alla memoria a lungo termine. In questo modo sono riusciti a scoprire che le molecole che svolgono questa funzione nel nematode sono conservate anche nei mammiferi, suggerendo che i meccanismi di base sottostanti ad apprendimento e memoria siano molto antichi.
Nel proseguimento dello studio, ora pubblicato sulla rivista on line ad accesso pubblico PLoS Biology, i ricercatori hanno quindi valutato come i comportamenti di C. elegans, si deteriorassero con l'età. Sorprendentemente i ricercatori hanno constatato che a seconda della modalità utilizzata per allungare la vita dei diversi esemplari impiegati nello studio, gli effetti sulla memoria erano differenti. La restrizione calorica comportava una minor memoria all'inizio dell'età adulta, ma ne permetteva una buona conservazione in età avanzata, mentre la riduzione del segnale della via insulina/IGF-1 permetteva migliori prestazioni mnemoniche nella giovinezza ma una più spiccata decadenza della memoria con l'avanzare dell'età.
Questi risultati suggeriscono quindi che differenti trattamenti per aumentare la longevità possano avere effetti molto differenti rispetto al rallentamento o meno del declino cognitivo.
"Dato che uno degli effetti più devastanti del declino correlato all'età è la perdita di memoria, è molto interessante che possiamo usare C. eleganscome modello per la comprensione non solo della longevità, ma anche della memoria. Ora speriamo di poter utilizzare il nostro sistema per identificare farmaci e trattamenti per contrastare il declino cognitivo correlato all'età", ha commentato la Kauffman.