La vitamina D ha un ruolo decisivo nella regolazione della salute del cervello, sia come promotore dello sviluppo del sistema nervoso, sia quale fattore di rallentamento del suo invecchiamento, come dimostrerebbe un crescente numero di studi. Lo sostengono R. Douglas Shytle e Paula C. Bickford del South Florida Health Sciences Center in una rassegna pubblicata oggi su Cerebrum, celebre rivista della Dana Foundation (R. Douglas Shytle, Paula C. Bickford, Vitamin D and the Brain: More Good News, Cerebrum, Apr. 07, 2009).
Le vitamine - spiegano Shytle e Bickford - per definizione non sono sintetizzate dal nostro organismo, ma sono sostanze naturali acquisite con l'assunzione di cibo. Dunque la D non sarebbe una vera e propria vitamina, ma un ormone, dato che gran parte di essa viene prodotta dall'organismo durante l'esposizione ai raggi solari: per tale motivo viene definita "la vitamina del sole".
L'insufficienza di vitamina D è oggi riconosciuta quale "problema di salute mondiale" (dal 20% all'80% della popolazione mondiale ne sarebbe carente) e più di un centinaio di studi confermerebbe il suo ruolo nella prevenzione e nel trattamento di diverse patologie di interesse medico. E' noto che una carenza di vitamina D può portare a osteoporosi e fratture in età adulta. Recenti studi dimostrano inoltre che una insufficienza di tale vitamina può anche aumentare il rischio per diabete, cancro, malattie autoimmuni, ipertensione, ictus, malattie infettive e disturbi psichiatrici. Insomma, sembrano venire sempre più alla luce i diversi ruoli della vitamina D nella regolazione della salute ottimale del nostro cervello, sia in età evolutiva, sia durante l'intero ciclo di vita, invecchiamento compreso.
Bassi livelli di vitamina D sarebbero anche all'origine di deficit cognitivi e psichiatrici, quali demenze, depressione, disturbo bipolare, schizofrenia ecc., in particolare durante l'invecchiamento come "ipovitaminosi D" o HVD (vedere in proposito gli studi di Paul Cherniack della University of Miami, fra cui il più recente Cherniack et al., Some new food for thought: the role of vitamin D in the mental health of older adults, Curr Psychiatry Rep, 2009). Secondo recenti studi, gli anziani, caratterizzati da un rapporto grassi / muscolo elevato, riterrebbero gran parte di questo nutriente nei tessuti adiposi, essendo la vitamina D liposolubile, con conseguenti diminuzioni di disponibilità nel sangue; inoltre, con l'invecchiamento, il meccanismo di produzione di vitamina D a livello epidermico durante l'esposizione al sole diventerebbe sempre meno efficiente.
"Ciò che non è ancora chiaro - sottolineano però gli Autori - è se integrazioni intensive di vitamina D in persone che già soffono di questi disturbi siano in grado di invertirne la rotta...". Va tenuto inoltre presente che l'assunzione di vitamina D con la dieta non è così efficace come la produzione di essa attraverso l'esposizione al sole, dato che per produrre la stessa quantità di ormone equivalente a quella prodotta con una esposizione di 15 minuti al sole estivo (pari a 10.000 IU di vitamina D) sarebbe necessario ad esempio assumere circa 100 bicchieri di latte o 25 tavolette di un comune integratore (contenente in media, quale dose giornaliera raccomandata, 400 IU per tavoletta). Per cui, visto che sta per arrivare l'estate... tutti (con le opportune precauzioni) al sole!