Dott. Vincenzo Tedesco

Nutrizionista e Neuroscienziato

Dottore in Biologia Cellulare e Molecolare

Dottore di Ricerca in Biomedicina Traslazionale e Farmacogenomica


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Nutrizione sportiva per agonisti ed amatori

Intolleranze alimentari


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mercoledì 15 ottobre 2014

Tolleranza al fruttosio, non è per tutti.

Nell’uomo, l’ormone FGF21 sembra essere stimolato dall’ingestione di fruttosio e, dunque, tale ormone potrebbe rappresentare un fattore predittivo attendibile per un test di tolleranza al fruttosio. Con implicazioni per lo studio del metabolismo di questo zucchero semplice e del diabete di tipo 2. Ad affermarlo, oggi, è uno studio di ricercatori del BIDMC, pubblicato su Molecular Metabolism

Il fruttosio, monosaccaride e zucchero semplice noto anche come zucchero della frutta, in alcuni specifici casi (come il consumo eccessivo) può avere effetti negativi sulla salute, specialmente in relazione al rischio di diabete e malattie cardiovascolari. Oggi, un gruppo di scienziati, studiando il metabolismo del fruttosio, ha scoperto che l’ormone FGF21 (Fibroblast Growth Factor 21 (FGF21) sembra essere stimolato dall’ingestione di questo monosaccaride: dunque, tale ormone potrebbe rappresentare un fattore predittivo attendibile per un test di tolleranza al fruttosio.

Lo studio, appena pubblicato su Molecular Metabolism, è stato condotto dai ricercatori del Beth Israel Deaconess Medical Center (BIDMC) insieme ad altri Istituti.

Dopo dieci anni di studi sul FGF21, Maratos-Flierha osservato che, sia negli uomini che negli animali, elevati livelli di fruttosio risultavano associati con obesità, insulino-resistenza e ‘fegato grasso non alcolico’. In particolare, la ricerca odierna evidenzia che i livelli nel sangue dell’ormone in questione aumentano rapidamente e in maniera netta e notevole dopo l’ingestione di fruttosio. Nella ricerca, Mark Herman, MD, of the Division of Endocrinology, Diabetes and Metabolism at BIDMC e Assistant Professor of Medicine alla Harvard Medical School (HMS), ha rivolto la sua attenzione ad un fattore cellulare, chiamato Carbohydrate Responsive-Element Binding Protein (ChREBP), che ‘rileva’ gli zuccheri semplici e risponde attraverso l’attivazione di ‘programmi’ di espressione genica cellulare. L’osservazione che il fruttosio attiva potenzialmente il ChREBP nel fegato dei roditori e che il ChREBP può regolare l’espressione dell’ormone sotto studio, FGF21, ha suggerito a Maratos-Flier e Herman l’ipotesi che l’ingestione di fruttosio possa stimolare la produzione dell’ormone circolante anche nell’uomo.

Per indagare questa ipotesi, i ricercatori, guidati dal primo autore Jody Dushay, MD, HMS Instructor in Medicine, hanno preso in considerazione 10 soggetti in salute e dalla corporatura magra. In primo luogo, hanno testato l’effetto del glucosio sull’FGF21 dando da bere ai volontari 75 grammi di glucosio e misurando nel corso di cinque ore i livelli nel sangue. Il risultato è che nell’immediato non si è osservata un’alterazione dei livelli dell’ormone, se non una modesta variazione a distanza di tre o quattro ore dall’ingestione. Al contrario, dopo aver ripetuto l’operazione con il fruttosio, i ricercatori hanno osservato un significativo aumento dell’ormone, in media del 400%.
“Ciò ci dice che il fruttosio controlla in maniera attiva il FGF21 negli esseri umani", ha affermato Maratos-Flier, suggerendo che l’FGF21 potrebbe svolgere un ruolo finora ‘imprevisto’ nella regolazione del metabolismo del fruttosio. Maratos-Flier aggiunge che i risultati dimostrano che la risposta FGF21 risultava in eccesso nei soggetti con malattie metaboliche, suggerendo che qualche elemento del metabolismo del fruttosio possa cambiare nello sviluppo della sindrome metabolica e/o che ci siano differenze innate tra le persone e che quelle con una più alta risposta dell’ormone sotto studio siano predisposte allo sviluppo della malattia.

“Questo studio fornisce una osservazione di base per un’ulteriore indagine sui determinanti genetici e ambientali della risposta metabolica individuale al fruttosio”, aggiunge Herman, “e questo tipo di conoscenza potrà essere essenziale per sviluppare raccomandazioni dietetiche personalizzate oltre che strategie farmacologiche per prevenire e curare le malattie cardiometabolico”.