Dott. Vincenzo Tedesco

Nutrizionista e Neuroscienziato

Dottore in Biologia Cellulare e Molecolare

Dottore di Ricerca in Biomedicina Traslazionale e Farmacogenomica


Diete personalizzate

Nutrizione neuropsichiatrica e neurodegenerativa

Nutrizione estetica

Nutrizione sportiva per agonisti ed amatori

Intolleranze alimentari


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martedì 14 ottobre 2014

Una nuova classe di grassi ‘buoni’.


Si chiamano 'Fahfa' e rappresentano una nuova classe di lipidi ‘buoni’ come gli omega-3. A differenza degli omega-3, però, i Fahfa vengono prodotti all'interno del corpo: così in teoria si potrebbe modularne il livello nell’organismo umano.

Un gruppo di ricercatori statunitensi ha identificato una nuova classe di molecole lipidiche, finora ‘sconosciute’, che potrebbero aumentare la sensibilità insulinica e il controllo dello zucchero nel sangue, aprendo nuove prospettive di ricerca per trattare il diabete di tipo 2. Lo studio*, pubblicato su Cell, è stato realizzato da un team di scienziati del Beth Israel Deaconess Medical Center (Bidmc) e del Salk Institute. I nuovi grassi, individuati su modello animale, si chiamano Fahfa (acid-hydroxyl fatty acids) e si trovano nelle cellule di grasso ed in altre cellule del corpo.

Queste molecole sono ‘buone’ come quelle di omega-3 contenute ad esempio nel pesce, ma al contrario degli omega-3, che non vengono prodotti dai mammiferi, i Fahfa vengono invece generati e scomposti all’interno dell’organismo umano.
“Questa importante caratteristica conferisce ai Fafha un vantaggio in termini di sviluppo terapeutico, perché potremmo essere in grado di modificare il tasso di produzione e la ripartizione in tutto il corpo”, osserva Barbara Kahn, senior author e Vice Presidente del Dipartimento di Medicina presso il Bidmc. “Dato che siamo in grado di misurare i livelli di Fahfa nel sangue, basse concentrazioni possono rivelarsi un indicatore precoce del rischio di sviluppare diabete di tipo 2. Di conseguenza, se il ripristino dei livelli Fahfa negli individui con insulino-resistenza rivela effetti terapeutici, a livello potenziale potremmo essere in grado di intervenire prima dello sviluppo del diabete”.

"Sulla base della loro biologia, possiamo aggiungere i Fahfa alla ristretta lista dei lipidi con effetti benefici”, ha affermato il co-autore senior Alan Saghatelian, PhD, Professore al the Clayton Foundation Laboratories for Peptide Biology al Salk Institute a La Jolla, in California. “Questi lipidi sono sorprendenti, perché possono anche ridurre l'infiammazione, suggerendo che potremmo scoprire le opportunità di queste molecole in malattie infiammatorie, come il morbo di Crohn e l'artrite reumatoide, oltre che al diabete”.