Dott. Vincenzo Tedesco

Nutrizionista e Neuroscienziato

Dottore in Biologia Cellulare e Molecolare

Dottore di Ricerca in Biomedicina Traslazionale e Farmacogenomica


Diete personalizzate

Nutrizione neuropsichiatrica e neurodegenerativa

Nutrizione estetica

Nutrizione sportiva per agonisti ed amatori

Intolleranze alimentari


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mercoledì 21 settembre 2016

Steatosi epatica: arriva un test del sangue per identificarla


Un semplice prelievo di sangue per sapere con esattezza se e quanto il nostro fegato è ‘grasso’. Presto tutto questo sarà possibile grazie ad uno studio dell’Università Campus Bio-Medico di Roma, pubblicato sulla rivista scientifica Plos One. Una novità più che interessante perché di questa temibile malattia, la steatosi epatica non alcolica (NAFLD), soffrirebbe nel mondo circa un miliardo e mezzo di persone. In Italia il 25% della popolazione e tra questi sempre più bambini.

La steatosi epatica non alcolica
La malattia in se è ‘benigna’ eppure preoccupante, perché può rappresentare un fattore predisponente a patologie epatiche più gravi, quali la steatoepatite, caratterizzata da infiammazione e necrosi del fegato, e può condurre successivamente alla fibrosi e cirrosi epatica. Il 5-10% dei pazienti con cirrosi del fegato sviluppano l’epatocarcinoma, terza causa di morte per cancro nel mondo. Attualmente la NAFLD può essere diagnosticata con precisione solo attraverso la biopsia epatica, un esame invasivo e costoso, consistente in un prelievo del tessuto epatico da sottoporre a esame istologico, o tramite ultrasonografia, un test di screening.

Lo studio
L’Università Campus Bio-Medico di Roma ha invece realizzato una possibilità inedita: un chip, ovvero una piattaforma 3D in grado di ‘funzionare’ come un fegato umano vero. E questo permetterà fra qualche tempo di verificare con un semplice prelievo ematico, grazie a questa piattaforma, la presenza patologica di grasso nel fegato. Permettendo di somministrare terapie tempestive e mirate per la cura di questa sindrome. Con questo speciale approccio, destinato a superare gli attuali limiti delle sperimentazioni in vitro e su modelli animali, sarà ora possibile, secondo i ricercatori, indagare l’origine della steatosi epatica non alcolica, una delle patologie epatiche più diffuse dei Paesi sviluppati. L’obiettivo è quello di individuare biomarcatori utili alla diagnosi precoce e alle terapie, riconoscibili grazie a un semplice prelievo di sangue.