Lo studio DiRECT dimostra che una riduzione di peso di oltre 15 Kg ottenuta in soggetti con diabete insorto da pochi anni, è in grado di ‘cancellare’ questa condizione, permettendo la sospensione dei farmaci anti-diabete. La perdita di peso in questo studio è stata ottenuta attraverso una dieta liquida a basso contenuto calorico (poco più di 800 calorie al giorno suddivisi in 4 ‘bibitoni’) condotta per 3-5 mesi. Lo studio è stato interamente condotto in un contesto di cure primarie. Il diabete di tipo 2 colpisce una persona su 11 nel mondo; questo studio apre importanti prospettive di intervento.
Lancet pubblica questa settimana uno studio, presentato in contemporanea al congresso dell’International Diabetes Federation, in corso in questi giorni ad Abu Dhabi, che dimostra come sia possibile ‘guarire’ dal diabete di tipo 2 con dei ‘bibitoni’ sostitutivi di un pasto (quattro al giorno). Il ‘farmaco’ utilizzato in un contesto di cure primarie è stata questa speciale dieta ipocalorica (800 calorie al giorno) che ha consentito ai partecipanti di ottenere un’importante calo ponderale.
Lo studio DiRECT è stato condotto presso 49 studi di medicina generale in Scozia e nella regione di Tyneside (Inghilterra). I vari ambulatori sono stati assegnati, attraverso una lista generata da computer, a fornire ai pazienti un programma dietetico (intervento) o il miglior trattamento convenzionale, basato su linee guida (controlli).
Allo studio hanno partecipato soggetti di età compresa tra i 20 e i 65 anni, che avevano ricevuto una diagnosi di diabete nei 6 anni precedenti, non in terapia insulinica e con indice di massa corporea di 27-45 Kg/m2.
Ai soggetti del gruppo di intervento è stata sospesa la terapia anti-diabete e antipertensiva; l’intervento dietetico è consistito in un trattamento sostitutivo della dieta con alimentazione artificiale liquida a 825-853 Kcalorie/die per 3-5 mesi, seguito da una reintroduzione graduale degli alimenti nell’arco di 2-8 settimane. Veniva inoltre fornito loro un supporto strutturato per il mantenimento a lungo termine del peso raggiunto.
Gli endpoint primari consistevano in un calo ponderale di 15 Kg o più e la remissione del diabete(definita come il raggiungimento di un’emoglobina glicata inferiore a 6,5% (< 48 mmol/mol), dopo 2 mesi di sospensione di tutti i farmaci anti-diabete, dal momento iniziale a 12 mesi.
Dall’estate del 2014 a quella del 2017, sono stati arruolati 306 soggetti. A distanza di 12 mesi, il 24% dei partecipanti del gruppo di intervento (36 persone) era riuscito ad ottenere un calo ponderale di 15 o più chili, contro nessuno del gruppo di controllo. La remissione del diabete è stata ottenuta nel 46% (68 persone) dei partecipanti del gruppo di intervento e nel 4% (6 persone) di quelli del gruppo di controllo.
La remissione del diabeteappariva strettamente dipendente dal calo ponderale in tutta la popolazione studiata, raggiungendo punte dell’86% tra chi aveva ottenuto un calo ponderale pari o superiore a 15 kg(cioè in 31 dei 36 soggetti che avevano raggiunto questo calo ponderale). In generale, nel gruppo di intervento è stata registrata una riduzione di peso media di 10 Kg, contro 1 Kg nel gruppo di controllo.
La qualità di vita (valutata con la scala visuale analogica EuroQol 5 Dimensions) è aumentata di 7,2 punti nel gruppo di intervento e si è ridotta di 2,9 punti in quello di controllo.
Al netto degli eventi indesiderati (nove eventi avversi gravi nel gruppo di intervento – di cui due nello stesso paziente - contro due del gruppo di controllo), questo studio dimostra che a distanza di 12 mesi, circa la metà dei soggetti inclusi nel gruppo di intervento ha raggiunto la remissione del diabete, arrivando a sospendere del tutto la terapia anti-diabete. La conclusione degli autori è dunque che “la remissione del diabete di tipo 2 è un obiettivo conseguibile in un contesto di cure primarie”.
Perché perdere peso può far regredire un diabete di tipo 2 di recente insorgenza
“I principali fattori di rischio per il diabete di tipo 2 – ricorda in un commento editoriale Matti Uusitupa, Istituto di Salute Pubblica e Nutrizione clinica, Università della Finlandia Orientale, Kuopio – sono l’aumentare di peso e l’obesità, la sedentarietà e una dieta non salutare. E sono tutti fattori di rischio modificabili”.
I risultati di questo studio, si aggiungono ad altri precedenti e non fanno che consolidare la convinzione che la perdita di peso rappresenti un elemento cardine nel trattamento del diabete di tipo 2. “La perdita di peso – prosegue l’editorialista – migliora la sensibilità insulinica a livello dei muscoli e del fegato, riduce il grasso viscerale e potrebbe migliorare la secrezione insulinica. Sul lungo periodo, il calo ponderale, potrebbe anche contribuire a preservare la massa beta-cellulare”.
Sebbene i risultati dello studio DiRECT possano entusiasmare, bisognerà tuttavia attendere l’esito del follow-up, previsto per 4 anni. Questo perché molto spesso i risultati degli interventi dietetici, per quanto di successo nell’immediato, tendono a svanire nel corso del tempo, con i pazienti che riprendono i chili persi e con essi le patologie correlate.
Se poi si riuscisse a combinare la perdita di peso con un aumento dell’attività fisica, si riuscirebbe a portare a casa anche un altro importante obiettivo, quello della riduzione della mortalità cardiovascolare, “come dimostrano le analisi post hoc – ricorda Matti – dello studio Look AHEAD”.
“I risultati dello studio DiRECT – conclude l’editorialista - indicano che il momento migliore per prescrivere la perdita peso e le modifiche dello stile di vita è quello della diagnosi, quando il paziente è in genere molto motivato. Tuttavia la prevenzione di questa condizione dovrebbe rappresentare un obiettivo primario per contrastare la pandemia di diabete e obesità e questo richiede strategie sia individuali che di popolazione, compresa la tassazione degli alimenti non salutari”.
Fonte Quotidiano Sanità, Maria Rita Montebelli