Dott. Vincenzo Tedesco

Nutrizionista e Neuroscienziato

Dottore in Biologia Cellulare e Molecolare

Dottore di Ricerca in Biomedicina Traslazionale e Farmacogenomica


Diete personalizzate

Nutrizione neuropsichiatrica e neurodegenerativa

Nutrizione estetica

Nutrizione sportiva per agonisti ed amatori

Intolleranze alimentari


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lunedì 8 agosto 2016

Obesità infantile: danni al fegato da cibo spazzatura e zuccheri raffinati

Secondo una ricerca della Fondazione italiana fegato (Fif) condotta nei laboratori dell’Area Science Park di Trieste, e pubblicata sulla rivista Plos One, che analizza la cattiva alimentazione e le conseguenze patologiche dell’obesità infantile, l’obesità nei bambini mette a rischio soprattutto il fegato. Con una dieta a base di junk food – il cibo spazzatura – e di zuccheri raffinati è infatti in agguato l’insorgenza della sindrome metabolica, con le relative implicazioni a carico di quest’organo, che non è più in grado di smaltire l’eccesso di grasso.

Studio sui topi
Lo studio, iniziato su roditori, ha consentito di sviluppare un modello che riproduce l’insorgenza della sindrome metabolica in età infantile con le sue implicazioni a carico del fegato, le cui cellule a un certo punto non sono più in grado di smaltire l’eccesso di grasso. Il risultato è il manifestarsi della steatosi epatica non alcolica (Nafld) e della steatoepatite non alcolica (Nash). I ricercatori della Fif hanno riscontrato che nell’età pediatrica la progressione della malattia è più veloce, con prognosi generalmente più grave rispetto agli adulti. E’ inoltre emersa una differenza di genere nella velocità di sviluppo della malattia, che vede nei maschi di topo una progressione più rapida nella fase iniziale, anche se il danno finale risulta equivalente tra maschi e femmine.

Più in dettaglio, lo studio consisteva nell’alimentare sei topi con una dieta ad alta percentuale di grassi e aggiunta di fruttosio nell’acqua, cominciata subito dopo lo svezzamento (tre anni umani) e proseguita per 16 settimane, fino all’età adulta (30 anni umani). Il 100% dei soggetti di entrambi i sessi ha sviluppato la steatosi epatica in quattro settimane e un certo grado di fibrosi (“cicatrici” nel fegato) in otto settimane, con l’86% dei maschi e il 15% delle femmine con fibrosi di stadio 2 (il “punto di non ritorno”) in sedici settimane.

“Considerando che l’obesità infantile è in esplosione anche da noi – commenta Claudio Tiribelli, direttore della Fif e tra gli autori dell’articolo – e che il danno al fegato da sindrome metabolica diventerà nei prossimi anni la principale causa di trapianto, il modello sarà un’ottima piattaforma per studiare i meccanismi che portano al danno, capire le differenze maschio/femmina e testare farmaci e nuovi approcci diagnostici”.

Bambini. Il “fegato grasso” aumenta il rischio di diabete.

Una ricerca americana evidenzia che negli Stati Uniti circa sette milioni di bambini sono affetti da steatosi epatica, ovvero la malattia del “fegato grasso”. E quasi un terzo di questi piccoli sono colpiti anche da una condizione di pre-diabete o da malattia diabetica. “La NAFLD, o steatosi epatica non alcolica, è uno dei maggiori fattori di rischio per lo sviluppo di diabete di tipo 2 in età pediatrica – dice Jeffrey B. Schwimmer, direttore della Clinica per il fegato grasso dell’ospedale pediatrico Rady di San Diego e principale autore dello studio – La prevalenza del diabete di tipo 2 è di circa 1 su 2.500 persone nella popolazione generale, di 1 su 200 nei bambini afflitti da obesità e di 1 su 15 nei bambini con steatosi epatica non alcolica”.

La NAFLD può essere responsabile di cicatrici epatiche e può portare a insufficienza epatica e alla necessità di ricorrere a un trapianto di fegato. Questa patologia – che può originare da una predisposizione genetica, ma può anche essere correlata all’obesità e ad alcuni farmaci – può essere trattata ma non curata definitivamente. Nei soggetti adulti la steatosi epatica non alcolica si correla con un anomalo metabolismo degli zuccheri. Le persone con NAFLD che hanno il diabete tipo 2 hanno un rischio più elevato di incorrere in una grave forma di malattia epatica, la steato-epatite non alcolica (NASH) che porta a un elevato rischio di cirrosi e cancro del fegato.

Lo studio
I ricercatori hanno valutato 675 bambini sotto i 18 anni di età con NAFLD. L’indice medio di massa corporea (BMI) era di 32, al di sopra della soglia clinica per l’obesità, che è 30. Il 23% dei bambini con NAFLD presentava una condizione di pre-diabete e quasi il 7% aveva un diabete di tipo 2. Le femmine con NAFLD hanno avuto cinque volte più probabilità di avere il diabete di tipo 2 rispetto ai maschi. Gli studiosi hanno anche segnalato che oltre il 40% dei bambini con diabete tipo 2 era affetto da NASH, rispetto al 34% dei bambini con pre-diabete e il 22% di quelli con livelli glicemici normali.

“Quando il fegato diventa grasso, alcune delle sue vie metaboliche progressivamente si deteriorano, in primo luogo quella che modula la sensibilità all’insulina – sottolinea Valerio Nobili, capo dell’Unità di ricerca del fegato all’ospedale Bambino Gesù di Roma – Attualmente il trattamento della NAFLD consiste nel migliorare lo stile di vita, in particolare l’alimentazione, l’attività fisica e il benessere mentale. In base ai risultati di questo studio, i bambini con steatosi epatica andrebbero monitorati circa i valori di zuccheri nel sangue e la progressione della malattia epatica, il diabete e le conseguenze di entrambi queste patologie”.

Fonte: JAMA Pediatr 2016