Dott. Vincenzo Tedesco

Nutrizionista e Neuroscienziato

Dottore in Biologia Cellulare e Molecolare

Dottore di Ricerca in Biomedicina Traslazionale e Farmacogenomica


Diete personalizzate

Nutrizione neuropsichiatrica e neurodegenerativa

Nutrizione estetica

Nutrizione sportiva per agonisti ed amatori

Intolleranze alimentari


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martedì 7 agosto 2018

Una dieta appropriata cancella il diabete attivando il pancreas

Dimagrendo si recupera la produzione dell'ormone dell'insulina.

Con una dieta efficace (alla portata di molti pazienti, per arrivare a un dimagrimento in media di 10 chili) il diabete regredisce in via definitiva in quasi un caso su due e questo si deve alle cellule del pancreas che producono insulina - le beta cellule - che ricominciano a funzionare grazie alla perdita di peso. Lo rivela una ricerca pubblicata sulla rivista Cell Metabolism e condotta da Roy Taylor della Newcastle University. "I nostri dati - afferma Taylor - suggeriscono che se si interviene tempestivamente alla diagnosi con una dieta sostanziale si possono salvare le beta-cellule". 

"Questo studio - afferma in un'intervista all'ANSA Francesco Purrello, presidente della Società Italiana di Diabetologia e ordinario di Medicina Interna all'Università di Catania - conferma che all'inizio della malattia, subito dopo la diagnosi, bisogna agire prontamente e in maniera efficace sugli stili di vita per cambiare la prognosi della malattia se non addirittura farla regredire del tutto". Lo studio, aggiunge Purrello, dà anche conferma del fatto che non tutti i pazienti con diabete tipo 2 hanno le stesse alterazioni. "In alcuni di essi il difetto di produzione di insulinica è recuperabile. Questi pazienti vanno individuati subito, alla diagnosi, perché hanno le maggiori probabilità di far regredire dalla malattia. Questo lavoro dà un'ulteriore spinta verso la terapia personalizzata e la medicina di precisione del diabete tipo 2, malattia eterogenea e complessa".

Il diabete colpisce nel mondo qualcosa come 422 milioni di persone e nel 90% dei casi si tratta di 'diabete di tipo 2' o insulino-resistente in cui, cioè, il corpo non risponde bene all'insulina (ormone che regola la 'glicemia', ovvero la concentrazione di zucchero nel sangue). Fino alla sperimentazione clinica coordinata da Taylor in cui si è dimostrato che una dieta molto ferrea può portare la malattia in remissione (United-Kingdom-based Diabetes Remission Clinical Trial - DiRECT) il diabete è stato sempre considerato una malattia cronica che peggiora col tempo. In questo nuovo studio Taylor ha riesaminato una parte del campione di individui che aveva partecipato a DiRECT, confrontando i pazienti che perdendo peso erano andati in remissione con quelli che, pur avendo perso peso, continuavano ad avere il diabete.

Ebbene, è emerso che la differenza tra questi due gruppi di pazienti è duplice: in primis gli anni trascorsi dalla diagnosi all'intervento con la dieta (meno sono gli anni, più aumentano le chance di guarigione). Poi il fatto che solo nei pazienti che vanno in remissione si osserva un immediato e duraturo miglioramento della funzione delle beta-cellule in seguito alla perdita di peso. In particolare migliorano produzione e rilascio immediati di insulina, quella, cioè, che viene messa in circolo subito dopo l'inizio di un pasto, se non addirittura al momento in cui si vede il cibo o comunque ai primissimi atti della masticazione. Questo studio arricchisce le conoscenze sui meccanismi che possono portare alla remissione del diabete e potrebbe dunque suggerire come favorire questa remissione su una maggiore percentuale di pazienti.

"Il lavoro - afferma Purrello - ha ricadute cliniche potenzialmente enormi: il diabete è in aumento spaventoso nel mondo perché gli stili di vita stanno via via peggiorando, sia come riduzione di attività fisica, sia come abitudini alimentari che peggiorano soprattutto nelle fasce di popolazione economicamente più svantaggiate, che comprano più cibo spazzatura (più economico di cibi sani come frutta, verdura e pesce)". Non a caso, infatti, il diabete appare sempre più legato allo stato socio-culturale ed economico delle persone; in altri termini, conclude Purrello, se ti puoi permettere una sana alimentazione e l'attività fisica, sei meno a rischio di ammalarti. 


DIABETOLOGIA | REDAZIONE DOTTNET | 
fonte: ansa

Colazione sana: può causare picchi di zucchero nel sangue

Persone in buona salute lo metabolizzano in modo diverso.

Anche una colazione "sana e leggera" in alcuni individui che non hanno il diabete, può portare a elevati picchi di zuccheri nel sangue. A metter in guardia è uno studio pubblicato sulla rivista PLOS Biology, che rivela come anche chi pensa di essere "in buona salute" dovrebbe prestare attenzione a ciò che mangia. I picchi glicemici, ovvero alti livelli di zucchero nel sangue, possono contribuire al rischio di malattie cardiovascolari e alle tendenze di una persona a sviluppare insulino-resistenza, che è un precursore del diabete.

La maggior parte delle persone che controlla la propria glicemia lo fa con un prelievo veloce, ma con questo metodo non coglie l'aumento e la diminuzione determinata da ciò che la persona ha mangiato quel giorno, in particolare carboidrati come riso, pane e patate. Per una valutazione più accurata, i ricercatori della Stanford University School of Medicine hanno fornito per due settimane a 57 persone, la maggior parte delle quali in buona salute, un dispositivo per il monitoraggio del glucosio continuo, che prende letture costanti delle concentrazioni di zucchero nel sangue. 

"Abbiamo visto che ci sono molte persone che hanno picchi di livelli di glucosio e non lo sanno nemmeno", ha detto Michael Snyder, professore di genetica a Stanford e autore senior dello studio. Quindi è stato monitorato l'effetto di tre tipi di colazioni diverse: una ciotola di cornflakes con latte, un sandwich al burro di arachidi e una barretta proteica. Più della metà delle persone i cui precedenti test glicemici avevano dato 'valori normali' ha raggiunto gli stessi livelli di zuccheri delle persone prediabetiche o diabetiche. In particolare l'80% dei partecipanti vedeva salire la glicemia dopo aver mangiato cereali e latte.

"Questo studio - spiega Francesco Purrello, presidente della Società Italiana di Diabetologia (Sid) - conferma che il diabete è una malattia molto insidiosa, che negli stadi iniziali è difficile da diagnosticare, seppure anche in questa fase sia molto pericolosa. Conferma, inoltre, che avere la glicemia a digiuno nell'ambito dei valori normali non è garanzia di non essere diabetici o molto prossimi al diabete. Il messaggio finale è che non esistono cibi ideali per tutti e che una serie di variabili, ad esempio differente genetica o differente flora batterica intestinale possono determinare quali sono i cibi più 'iperglicemizzanti' in differenti individui. Questo lavoro dà un'ulteriore spinta verso la terapia personalizzata e la medicina di precisione del diabete".


DIABETOLOGIA | REDAZIONE DOTTNET | 

fonte: PLOS Biology