Dott. Vincenzo Tedesco

Nutrizionista e Neuroscienziato

Dottore in Biologia Cellulare e Molecolare

Dottore di Ricerca in Biomedicina Traslazionale e Farmacogenomica


Diete personalizzate

Nutrizione neuropsichiatrica e neurodegenerativa

Nutrizione estetica

Nutrizione sportiva per agonisti ed amatori

Intolleranze alimentari


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martedì 29 giugno 2021

Il cioccolato, un toccasana al mattino e prima di addormentarsi

Secondo un piccolo studio condotto su 19 donne, il momento della giornata in cui si assume il cioccolato può avere effetti su sonno, energia e microbiota. Se consumato al mattino o prima di coricarsi, invece, non produce un aumento di peso e ha positive ripercussioni su glicemia e attività fisica.

28 GIU - (Reuters Health) – Un piccolo studio indica che consumare cioccolato al latte prima di ogni altra cosa al mattino o alla fine della giornata potrebbe non produrre un aumento di peso, ma le tempistiche potrebbero influire su sonno, energia e microbiota.

In uno studio di crossover randomizzato, 19 donne in postmenopausa con indice di massa corporea (IMC) nella norma hanno consumato 100 grammi di cioccolato al latte al giorno – al mattino o alla sera – per due settimane in ogni condizione e successivamente si sono astenute del tutto per altre due settimane. Quattordici giorni di assunzione di cioccolato non hanno prodotto un aumento di peso, ma le tempistiche di consumo hanno avuto effetti diversi sulla spesa energetica delle donne, sul loro appetito e sonno e sui microbi all’interno dell’intestino.

Lo studio mostra che “se si consuma cioccolato al mattino, in una finestra temporale molto ristretta, e poi non se ne mangia più per il resto della giornata, può contribuire a mantenere il peso”, osserva l’autrice dello studio, Marta Garaulet, che lavora presso la divisione di disturbi del sonno e del ritmo circadiano all’interno dei reparti di medicina e neurologia del Brigham and Women’s Hospital di Boston ed è professoressa all’Università di Murcia in Spagna.

“Un altro messaggio importante è che se solitamente si va a correre o si pratica un esercizio fisico intenso al mattino, potrebbe essere utile assumere cioccolato quando ci si corica”, ha proseguito. “Se si mangia cioccolato di sera, quando ci si sveglia al mattino si avrà più energia”.

Lo studio
Per esaminare più approfonditamente l’effetto del consumo di cioccolato sulle donne in menopausa, i ricercatori hanno reclutato partecipanti con un’età media di 52 anni, un peso iniziale medio di 65,5 kg e un IMC medio di 25,0, con un grasso corporeo medio del 32,7%. I criteri di esclusione erano: IMC superiore a 35 kg/m2; disturbi endocrini, renali, epatici, alimentari o psichiatrici e assunzione di farmaci o integratori di fibre.

Le donne sono state invitate a seguire la loro normale alimentazione quotidiana mentre partecipavano allo studio, con un periodo di astinenza di una settimana tra l’una e l’atra durante il quale non hanno assunto cioccolato. Per tutte le donne sono state eseguite misurazioni al basale, all’inizio e verso la fine di ogni condizione. Tra le misurazioni figuravano: antropometria, apporto alimentare, parametri relativi al sonno, actimetria, calorimetria, glicemia a digiuno, campioni fecali e questionari sulla sensazione di fame.

Nella condizione che prevedeva di assumere cioccolato al mattino, le donne hanno consumato 100 g di cioccolato al latte ogni giorno entro un’ora dal risveglio e insieme alla colazione, ma non lo hanno assunto più per il resto della giornata, mentre nella condizione che prevedeva l’assunzione serale di cioccolato, le donne hanno mangiato i loro 100 grammi un’ora prima del coricamento e non lo hanno assunto ad altri orari.
Durante i periodi di astinenza, le donne sono state invitate a non toccare cioccolato. Tuttavia, potevano sempre consumare qualsiasi altro alimento a loro piacimento.

I ricercatori hanno stabilito che il consumo di cioccolato ha ridotto la fame e il desiderio di altri dolci. Quando le donne hanno mangiato cioccolato al mattino, il loro apporto energetico ad libitum è sceso di 300 kcal/giorno rispetto al basale e quando lo hanno consumato di sera, tale apporto si è ridotto di 150 kcal/giorno. Tuttavia, in nessuna situazione la riduzione ha eguagliato il contributo energetico del cioccolato (542 kcal/giorno).

Il consumo serale ha prodotto un aumento del 6,9% dell’attività fisica secondo l’actimetria, un aumento dell’1,3% nella dissipazione del calore dopo i pasti e un aumento del 35,3% nell’ossidazione dei carboidrati. Inoltre, ha condotto a un aumento della produzione di acidi grassi a catena corta e a variazioni nella composizione del microbiota intestinale.

Il consumo mattutino di cioccolato ha ridotto la glicemia a digiuno del 4,4%, la circonferenza vita dell’1,7% e ha aumentato l’ossidazione lipidica del 25,6%. Le mappe di calore della temperatura del polso e le registrazioni del sonno hanno mostrato che il consumo serale ha prodotto un timing più regolare degli episodi di sonno con una minore variabilità di insorgenza del sonno rispetto al consumo mattutino.

Fonte: The FASEB Journal

Linda Carroll

(Versione Italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)

28 giugno 2021
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Dieta e coronarie: cattiva alimentazione aumenta il rischio di una malattia coronarica più grave

La gravità della malattia coronarica (CAD) è direttamente associata a un modello dietetico malsano ed è mediata indirettamente dalla presenza della sindrome metabolica, mentre un modello dietetico sano ha avuto un’associazione diretta inversa con la gravità della CAD, ed è mediata indirettamente dall’assenza di sindrome metabolica, secondo uno studio pubblicato su Nutrition and Health.


“L’associazione di schemi dietetici e sindrome metabolica con la gravità della malattia coronarica (CAD) è poco nota. Per questo abbiamo voluto esplorare la relazione tra i principali modelli dietetici e la gravità della CAD tra i pazienti con nuova diagnosi utilizzando la modellazione delle equazioni strutturali (SEM)” spiega Mohamed Kuhail, della Tehran University of Medical Sciences, in Iran, primo autore dello studio.

I ricercatori hanno studiato 423 pazienti con CAD di nuova diagnosi, la cui gravità è stata valutata dal punteggio Gensini, di età compresa tra 35 e 65 anni, sottoposti ad angiografia coronarica. Tutti i pazienti hanno compilato un questionario semiquantitativo sulla frequenza del cibo e un questionario internazionale sull’attività fisica, la scala dello stress percepito, e sono stati esaminati per quanto riguarda il profilo lipidico, la glicemia a digiuno e le misurazioni antropometriche e della pressione sanguigna.

Gli esperti hanno identificato due modelli identificati come “modello dietetico non salutare” e “modello dietetico salutare”. I risultati dell’analisi SEM hanno mostrato che il modello dietetico non salutare ha un’associazione diretta positiva significativa con la gravità della CAD, che è indirettamente mediata dalla presenza di sindrome metabolica, dopo aver aggiustato per età e scala di stress percepito.

Il modello dietetico sano, invece, ha mostrato un’associazione diretta negativa significativa con il punteggio di Gensini e un’associazione indiretta attraverso la sindrome metabolica negativa, dopo aver aggiustato per genere, attività fisica e scala dello stress percepito.

Nutr Health. 2021 Jun 21;2601060211020655. doi: 10.1177/02601060211020655.

Una dieta equilibrata può ridurre l’infiammazione della pelle e la psoriasi

Il segreto per una pelle e articolazioni più sane può risiedere nei microrganismi intestinali. 

Un recente studio ha scoperto che una dieta ricca di zuccheri e grassi porta a uno squilibrio nella cultura microbica dell’intestino e può contribuire a malattie infiammatorie della pelle come la psoriasi.

Il lavoro suggerisce che il passaggio a una dieta più equilibrata possa ripristinare la salute dell’intestino e sopprimere l’infiammazione della pelle.

Studi precedenti hanno dimostrato che la dieta occidentale, caratterizzata da un alto contenuto di zuccheri e grassi, può portare a una significativa infiammazione della pelle e alla comparsa della psoriasi. Nonostante siano disponibili potenti farmaci antinfiammatori per la pelle, lo studio attuale indica che semplici cambiamenti nella dieta possono anche avere effetti significativi sulla psoriasi.

Il cibo è infatti uno dei principali fattori modificabili che regolano il microbiota intestinale, la comunità di microrganismi che vive nell’intestino. Seguire una dieta occidentale può causare un rapido cambiamento della comunità microbica dell’intestino e delle sue funzioni. Questa alterazione dell’equilibrio microbico – nota come disbiosi – contribuisce all’infiammazione intestinale.

Dal momento che i batteri nell’intestino possono giocare un ruolo chiave nel plasmare l’infiammazione, i ricercatori hanno voluto testare se la disbiosi intestinale influenzi l’infiammazione della pelle e delle articolazioni.

Gli esperti hanno scoperto che esiste un chiaro legame tra l’infiammazione della pelle e i cambiamenti nel microbioma intestinale dovuti all’assunzione di cibo e che il danno causato da una dieta malsana è parzialmente reversibile. Passando cioè da una dieta occidentale a una più sana, l’infiammazione della pelle si riduce e le placche della psoriasi diventano più sottili.

Per gli esperti, questi risultati rivelano che i pazienti con psoriasi dovrebbero prendere in considerazione il passaggio a un modello alimentare più sano.

(Journal of Investigative Dermatology, http://dx.doi.org/10.1016/j.jid.2020.11.032)

di Michela Perrone

giovedì 24 giugno 2021

Fertilità ridotta per le donne che bevono più di 3 drink a settimana

Uno studio USA ha osservato nelle donne una correlazione tra consumo di alcool e ridotta fertilità. Maggiore è l'assunzione di alcool e maggiori sono le probabilità di difficoltà nel concepimento, soprattutto se questa assunzione avviene durante la fase luteale o nella finestra ovulatoria del ciclo mestruale. I ricercatori hanno definito un drink 35,4 centilitri di birra, 14,7 centilitri di vino o 4,4 centilitri di liquore

23 GIU - (Reuters Health) – Le donne che consumano tre o più drink a settimana durante la fase luteale del loro ciclo mestruale o più di sei drink a settimana durante la finestra ovulatoria potrebbero avere difficoltà a concepire. E’ quanto emerge da uno studio condotto negli USA e pubblicato da Human Reproduction.

I ricercatori hanno esaminato i dati relativi a 413 donne dai 19 ai 41 anni che hanno completato diari giornalieri sull’assunzione di alcool e hanno consegnato una volta al mese campioni di urine per i test di gravidanza. Al momento dell’arruolamento, un quarto delle donne ha riferito che stava tentando di concepire; durante un follow-up mediano di 4 cicli mestruali, 133 partecipanti (32,2%) sono riuscite a rimanere incinte.

L’assunzione mediana di alcool segnalata si attestava a 0,27 drink al giorno, ossia 1,9 drink a settimana. I ricercatori hanno definito un drink 35,4 centilitri di birra, 14,7 centilitri di vino o 4,4 centilitri di liquore.

Rispetto alle controparti, le donne che assumevano alcool in maniera moderata (da 3 a 6 drink a settimana) e pesante (più di 6 drink a settimana) nella fase luteale del loro ciclo mestruale presentavano un rapporto di probabilità di fecondabilità notevolmente inferiore (rispettivamente pari a 0,56 e 0,51).

Nella fase follicolare del ciclo mestruale, anche un’elevata assunzione di alcool nella sottofase ovulatoria si associava a probabilità significativamente inferiori di concepimento (FOR, 0,39). Questa assunzione di alcool si correlava anche a una ridotta fecondabilità (FOR 0,54), ma tali risultati non erano coerenti quando i ricercatori hanno eseguito test di sensibilità.

“Il processo ovulatorio sembra essere molto sensibile a ingenti quantità di alcool, che sia consumato nel corso di diversi giorni o con un’abbuffata in uno dei giorni della finestra ovulatoria”, osserva l’autrice principale dello studio Kira Taylor, professoressa associata di epidemiologia e salute della popolazione presso la University of Louisville in Kentucky.”L’alcool può produrre un aumento dei livelli di estradiolo durante il ciclo mestruale, che riduce l’ormone follicolo-stimolante”.

Quando i ricercatori hanno esaminato specificamente l’”abbuffata di alcool”, definita come quattro o più drink al giorno, hanno riscontrato che ogni ulteriore giorno di binge drinking era significativamente associato a una ridotta fecondabilità in generale (FOR 0,91), nella sottofase ovulatoria (FOR 0,59) e nella fase luteale (FOR 0,81).

Fonte: Human Reproduction

Lisa Rapaport

(Versione Italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)