Dott. Vincenzo Tedesco

Nutrizionista e Neuroscienziato

Dottore in Biologia Cellulare e Molecolare

Dottore di Ricerca in Biomedicina Traslazionale e Farmacogenomica


Diete personalizzate

Nutrizione neuropsichiatrica e neurodegenerativa

Nutrizione estetica

Nutrizione sportiva per agonisti ed amatori

Intolleranze alimentari


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venerdì 13 marzo 2020

Pesare troppo invecchia ed indebolisce le vie respiratorie

L'eccesso di peso riduce la funzione polmonare. Se si perde peso nel corso degli anni è però possibile invertire questa tendenza.
Mai come in questo momento in cui una pandemia che colpisce le vie respiratorie rischia di diventare il flagello della popolazione mondiale, questa evidenza dovrebbe spingerci, conclusa l'emergenza, a riconsiderare le nostre priorità e ad iniziare veramente a prenderci cura di noi stessi. Come? Attraverso una adeguata e sana alimentazione e ad una regolare attività fisica. 

E' giunto il momento di smetterla con le scuse del troppo lavoro, di pranzi e cene di lavoro, della vita sociale, della mancanza di tempo e così' via. Covid-19 ci insegna che in caso di necessità il lavoro può e deve essere interrotto, i pranzi e le cene di lavoro possono e devono essere sospese, la vita sociale può e deve essere riconsiderata e rimodulata, il tempo per prenderci cura di noi stessi può e deve essere trovato.
Le catastrofi spesso segnano un confine storico-temporale importante. Speriamo che questa catastrofe segni l'inizio del "Rinascimento salutistico popolare". Una nuova era in cui prima di tutto viene la nostra salute; non il lavoro, l'economia, i vari impegni, il divertimento...ma la nostra salute...perchè solo la nostra salute ci potrà tornare utile contro una nuova eventuale catastrofe come quella che stiamo vivendo!

Un eccessivo aumento di peso può accelerare l'”invecchiamento” polmonare, mentre perdere peso produrrebbe l’effetto opposto. È quanto suggerisce un ampio studio internazionale pubblicato da Thorax. Per due decenni, i ricercatori – guidati da Gabriela Prado Peralta, dell’Istituto di salute globale di Barcellona- hanno seguito oltre 3000 adulti tra i 20 e i 44 anni.
Per la maggior parte di loro, l’aumento di peso nel tempo è stato associato ad un’accelerazione del declino naturale della capacità polmonare che si accompagna all’età. Ma quando gli adulti più giovani erano obesi all’inizio e hanno successivamente perso peso nel tempo, hanno fatto registrare una capacità polmonare simile a quella delle persone normopeso che sono rimaste tali.

Lo studio
Peralta e colleghi hanno analizzato i dati dell’European Community Respiratory Health Survey, un ampio studio di popolazione che da decenni monitora la salute di oltre 10.000 adulti in 11 Paesi europei e in Australia.
“Tra i partecipanti nelle normali categorie di peso, sovrappeso o obesi in giovane età adulta, l’aumento ponderale da moderato a elevato è stato associato a un più rapido declino della funzionalità polmonare durante il periodo di studio”, osserva Peralta.

Le persone che erano obese in giovane età avevano una funzione polmonare più scarsa rispetto ai loro coetanei normopeso, ma la perdita di chili sembrava invertire gli effetti negativi dell’obesità sulla funzione polmonare.

“Questo è il primo studio che analizza gli effetti della variazione di peso sulla funzionalità polmonare per un periodo di 20 anni e in un campione di popolazione variegato”, aggiunge Gabriela Prado Peralta, del’Istituto di salute globale di Barcellona. “Due meccanismi probabilmente spiegano come l’aumento di peso causi un declino della funzionalità polmonare. In primo luogo, la presenza di una grande quantità di massa grassa nel torace e nell’addome limita lo spazio per l’espansione del polmone durante l’inalazione. In secondo luogo, il tessuto adiposo è una fonte di sostanze infiammatorie che possono danneggiare il tessuto polmonare e ridurre il diametro delle vie aeree”.

Fonte: Reuters Health News

Covid-19 potrebbe attaccare anche il fegato

Il 54% dei pazienti con coronavirus sviluppa anomalie al fegato durante la progressione della malattia. Per gli esperti, i pazienti con condizioni epatiche preesistenti potrebbero essere più sensibili alla Sars-CoV-2 e dovrebbero essere monitorati più attentamente



Secondo un piccolo studio condotto in Cina, ben il 54% dei pazienti con Covid-19 sviluppa anomalie degli enzimi epatici durante la progressione della malattia. L’insufficienza epatica è stata segnalata fino nel 60% dei pazienti con sindrome respiratoria acuta grave (Sars) e in pazienti con infezione da coronavirus della sindrome respiratoria mediorientale (Mers). Entrambi condividono la somiglianza della sequenza genomica con il coronavirus Sars2 (Sars-CoV-2), che è responsabile di Covid-19.



Lo studio
Fu-Sheng Wang e colleghi del Centro nazionale di ricerca clinica per le malattie infettive di Pechino hanno utilizzato i dati di sette casi di studio e del Fifth Medical Centerr of Pls General Hospital di Pechino per valutare in che modo il Covid-19 interessa il fegato. Complessivamente, tra il 2 e l’11% dei pazienti con Covid-19 ha presentato anomalie epatiche e tra il 14 e il 53% dei casi di Covid-19 ha avuto livelli anormali di alanina aminotransferasi e aspartato aminotransferasi durante la progressione della malattia.

I pazienti con Covid-19 grave sembravano avere tassi di disfunzione epatica più alti e i pazienti sintomatici hanno avuto maggiori probabilità di avere enzimi epatici elevati rispetto ai pazienti con malattia subclinica. La gamma glutamil transferasi, un biomarcatore diagnostico per la lesione dei colangiociti, è stata elevata nel 54% dei pazienti Covid-19 ricoverati al Fifth Medical Center, mentre solo un paziente (l’1,8%) ha avuto livelli elevati di fosfatasi alcalina.

Altrove, l’analisi patologica del tessuto epatico di un paziente deceduto per Covid-19 non ha trovato inclusioni virali nel fegato. La malattia epatica cronica colpisce circa 300 milioni di persone in Cina, ma finora l’interazione tra malattia epatica esistente e Covid-19 non è stata studiata.

“Considerando il loro stato immuno-compromesso, sono necessari una sorveglianza più intensa o approcci terapeutici personalizzati per i pazienti gravi con Covid-19 con condizioni preesistenti come malattie epatiche avanzate, specialmente nei pazienti più anziani con altre comorbilità – hanno concluso gli autori – Le ricerche future dovrebbero concentrarsi sulle cause di danno epatico in Covid-19 e sull’effetto delle comorbidità epatiche esistenti sul trattamento e sull’esito di Covid-19”.

Fonte: The Lancet Gastroenterology and Hepatology
Will Boggs
(Versione italiana per QuotidianoSanità/Popular Science)


domenica 1 marzo 2020

Dieta mediterranea per proteggerci dai virus



La Dieta mediterranea rende l'organismo più forte e combatte la fragilità delle persone anziane perché migliora la flora batterica intestinale, indispensabile per far funzionare il sistema immunitario e difendersi da infiammazioni e infezioni e dagli attacchi di virus e batteri. Lo fa sapere Assolatte, sulla base dello studio europeo Nu-Age condotto per un anno su un panel di anziani in cinque paesi europei, Italia compresa. Con l'allarme per l'epidemia da coronavirus, Assolatte precisa che "un microbiota intestinale in salute produce sostanze antivirali, mentre se la flora batterica è alterata, ad esempio per l'assunzione di antibiotici o per un'alimentazione squilibrata, non riesce più a proteggerci dagli attacchi esterni".

Via libera, dunque, a frutta e verdura, legumi e cereali, pesce e olio extravergine di oliva e ai prodotti lattiero-caseari, come latte, yogurt, formaggi e burro. Assolatte ricorda che i prodotti lattiero-caseari apportano batteri e lieviti che promuovono la salute dell'intestino. Yogurt e latti fermentati, in particolare, sono ricchi di batteri 'amici' come i bifidobatteri e i lattobacilli, che svolgono un ruolo fondamentale nella regolazione del sistema immunitario perché abbassano il pH dell'intestino, creando così un ambiente inospitale per i batteri 'cattivi', quelli che provocano le infezioni intestinali



NUTRIZIONE | REDAZIONE DOTTNET | 26/02/2020