Dott. Vincenzo Tedesco

Nutrizionista e Neuroscienziato

Dottore in Biologia Cellulare e Molecolare

Dottore di Ricerca in Biomedicina Traslazionale e Farmacogenomica


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venerdì 7 luglio 2017

Infiammazione delle cellule immunitarie del cervello e obesità

Se ingrassiamo per il troppo mangiare, la colpa potrebbe essere della neuroglia, cellule del sistema immunitario residenti nel cervello. Secondo uno studio appena pubblicato su Cell Metabolism sarebbero queste le responsabili dell’aumento dell’appetito e del conseguente aumento di peso, che si produce in risposta alle diete ricche di grassi.

Da tempo i neuroni dell’ipotalamo sono al centro dell’attenzione per la terapia farmacologica dell’obesità. Ma questo nuovo studio, siglato da ricercatori delle Università della California di San Francisco e del University of Washington Medical Center, suggerisce che anche le cellule della microglia potrebbero rappresentare un interessare target farmacologico, che tra l’altro consentirebbe di evitare molti degli effetti indesiderati dei farmaci anti-obesità attualmente in uso.

“Le cellule microgliali – spiega Suneil Koliwad, professore associato di medicina presso l’UCSF Diabetes Center – costituiscono il 10-15% di tutte le cellule del cervello e rappresentano una via finora inesplorata per trattare l’obesità e le sue conseguenze”.

Sarebbero dunque le cellule microgliali presenti nell’ipotalamo le responsabili dell’aumento di peso legato alle diete ricche di grassi. La regione medio-basale dell’ipotalamo contiene alcuni neuroni specializzati nella regolazione dell’assunzione di cibo e del consumo energetico. Normalmente questa regione cerca di bilanciare il numero di calorie ingerite, con il fabbisogno energetico necessario per mantenere un peso normale, ma studi precedenti avevano già dimostrato che i cibi ricchi di grassi possono alterare questo equilibrio.

Ipotalamo e cellule della microglia. 
I ricercatori americani hanno somministrato ad alcuni animali da esperimento (topi) per 4 settimane una dieta simil-fast food, cioè ricca di grassi; questo determina un’espansione delle cellule della microglia, che vanno ad innescare fenomeni infiammatori locali a livello della regione medio-basale dell’ipotalamo. Gli animali sottoposti a questa dieta, tendono a mangiare di più e a bruciare meno calorie, aumentando così di peso rispetto ai topi sottoposti a diete più salutari.

Un farmaco innovativo per ridurre le cellule della microglia nell’ipotalamo. 
Per capire se fossero proprio le cellule microgliali le responsabili dell’appetito incontrollabile di questi animali e della loro obesità, i ricercatori americani sono andati a ridurre il numero delle cellule della microglia all’interno dell’area medio-basale dell’ipotalamo somministrando loro un farmaco sperimentale, indicato dalla sigla PLX5622, messo a punto da un’aziendabiotech californiana. Gli animali trattati con il farmaco sperimentale finivano col ridurre l’assunzione di cibo del 15% e ingrassavano del 20% in meno rispetto al gruppo di controllo.

Sofisticati esperimenti con topi-Frankenstein. 
A questo punto, il team di ricercatori della Washington University ha ‘prodotto’ un tipo di topi geneticamente modificati in modo da prevenire l’attivazione delle risposte infiammatorie da parte della microglia; questi topi ‘bioingegnerizzati’ mangiavano il 15% in meno di quelli del gruppo di controllo e ingrassavano del 40% in meno, pur essendo nutriti con una dieta ricca di grassi. Questo dimostra che è proprio la ‘vocazione’ infiammatoria della microglia a determinare l’appetito eccessivo e l’aumento di peso in questi animali.

Per confermare questa ipotesi, i ricercatori dell’UCSF hanno messo a punto un’altra razza di topi bioingegnerizzati sui quali è stato testato un farmaco in grado di attivare ‘a comando’ la risposta infiammatoria della microglia. In questo modo sono riusciti a dimostrare che anche nei topi nutriti con una dieta sana, l’induzione dell’infiammazione da parte della microglia nell’ipotalamo faceva sì che gli animali mangiassero il 33% in più, consumassero il 12% in meno di calorie e si ritrovassero alla fine con un aumento di peso del 400% superiore a quello di topi sottoposti alla stessa dieta.

E’ l’infiammazione della microglia a determinare l’aumento di peso. 
“Tutti questi esperimenti – commenta JoshuaThaler, professore associato di medicina presso l’ UW Medicine Diabetes Institute – dimostrano che la reazione infiammatoria della microglia è non solo condizione necessaria per determinare l’aumento di peso osservato con le diete ricche di grassi, ma che è anche sufficiente di per sé nel determinare l’alterata regolazione del bilancio energetico ipotalamico, responsabile dell’aumento di peso”. E una conferma indiretta che questi meccanismi sono presenti anche nell’uomo potrebbe venire dai trial in corso con una altro farmaco sperimentale, il PLX3977, al vaglio di studi per il trattamento di leucemie difficili da trattare, tumori solidi e rare forme di artrite nell’uomo. 

La microglia ‘recluta’ rinforzi dal sangue. 
Nello studio pubblicato su Cell Metabolism, i ricercatori americani hanno anche dimostrato che le diete ricche di grassi inducono le cellule microgliali a reclutare altre cellule del sistema immunitario, richiamandole dalla circolazione e inducendole ad infiltrare l’area medio-basale dell’ipotalamo. Qui giunte, anche le ‘reclute’ contribuiscono attivamente ad amplificare la reazione infiammatoria già innescata dalla microglia residente. Secondo i ricercatori potrebbe essere dunque possibile controllare l'appetito e l’aumento di peso attraverso una serie di approcci immunitari andando a colpire sia le cellule microgliali, che quelle ‘reclutabili’ dal torrente sanguigno. Non è invece ancora chiaro quali siano i ‘segnali’ provenienti dalle diete ricche di grassi in grado di scatenare tute queste reazioni a catena.

Studi di imaging cerebrale hanno evidenziato che l’espansione delle cellule della microglia (gliosi), si riscontra sia negli obesi che nei soggetti affetti da patologie neurodegenerative nei, traumi cranici, nei tumori cerebrali. In questo senso, gli eccessi alimentari, soprattutto se ricchi di grassi, si comportano come una forma di danno cerebrale, che scatena una reazione infiammatoria locale.
Un’altra spiegazione tirata in ballo è la prospettiva evolutiva. In epoca preistorica, i cibi ricchi di calorie scarseggiavano; così quando un uomo primitivo aveva la possibilità di consumare un pasto ricco di calorie dopo un periodo prolungato di digiuno, la microglia diventava un elemento essenziale per stimolare l’appetito e accumulare così quante più calorie possibile per i tempi di magra. Un effetto questo assolutamente deleterio in epoca moderna quando i cibi ricchi di grassi cono facilmente reperibili e a basso costo. In epoca moderna, l’attivazione cronica della microglia diventa assolutamente svantaggiosa e deleteria in quanto induce una stimolazione permanente dei circuiti cerebrali che, portando ad un ulteriore aumento del consumo di cibi grassi, innescano un circolo vizioso che porta all’obesità.