Dott. Vincenzo Tedesco

Nutrizionista e Neuroscienziato

Dottore in Biologia Cellulare e Molecolare

Dottore di Ricerca in Biomedicina Traslazionale e Farmacogenomica


Diete personalizzate

Nutrizione neuropsichiatrica e neurodegenerativa

Nutrizione estetica

Nutrizione sportiva per agonisti ed amatori

Intolleranze alimentari


Studio Borgo Roma - Via Santa Teresa 47 (ingresso Via Bozzini 3/A), 37135, Verona.

Info. e prenotazioni - Segreteria: 349.6674360

e-mail: info@tedesconutrizionista.it

e-mail pec: vincenzo.tedesco@pec.enpab.it

web: www.tedesconutrizionista.it

martedì 28 agosto 2012

Ipertensione, 4 fattori decisivi peso, moto, alcol e verdura


Congresso europeo di cardiologia: una ricerca finlandese su 20mila persone ha individuato quali sono le condizioni fisiche e le scelte alimentari e di vita che più pesano, in negativo o in positivo, sulla pressione altadal nostro inviato ARNALDO D'AMIC



MONACO di Baviera - Su cento adulti in sovrappeso, pigri, che consumano molto alcol e poche verdure, tutti e cento diventano ipertesi prima o poi. Invece, se i cento hanno uno stile di vita sano e non sono grassi se ne ammalano solo 35. Il risultato, presentato oggi al congresso della Società Europea di cardiologia in corso a Monaco di Baviera sino a giovedì, sembra non aggiungere molto a quello che già predica il buon senso.

Ma se si vuole trasformare il buon senso in indicazioni certe da dare alla popolazione e, soprattutto, ai politici, per fare prevenzione di massa, allora gli stili di vita vanno studiati come se fossero nuovi farmaci da approvare. Specie se in gioco vi è una malattia, l'ipertensione, che, tralasciando le sue responsabilità in infarto e ictus, è la quarta causa di morte. E così, dopo aver seguito oltre 20mila adulti per 16 anni, ecco le certezze uscite dalla ricerca coordinata da Pekka Jousilahti, dell'Istituto nazionale per la salute e il benessere della Finlandia.

Peso del corpo, attività fisica, consumo di alcol e di verdure sono risultati i 4 fattori che più influenzano lo sviluppo dell'ipertensione. Il fumo si rivela meno influente, ma solo sull'ipertensione mentre rimangono confermati i danni a cuore, arterie e cervello. Inoltre, gli studi hanno rivelato, come avviene per le sostante tossiche, che i 4 fattori sommano i loro effetti. Nel senso che ognuno aggiunge (o sottrae se assente) circa un 15% di rischio in più (o in meno).

E così, basta essere sovrappeso, ad esempio, per far salire (o scendere se si è normopeso) di un 15% la probabilità di soffrire di pressione alta. Un altro 15% si somma (o si sottrae) se si bevono più di 50 grammi di alcol a settimana (circa mezzo litro di vino). Stesso incremento circa ( o decremento) per attività fisica inferiore a tre ore a settimana o se si mangia poca verdura.

"Il nostro studio era mirato alla prevenzione dell'ipertensione ed è stato fatto su soggetti inizialmente privi della patologia - ha precisato il professor Jousilahti - . Ma i risultati sono utili anche per curare chi è già iperteso. I pazienti possono prima modificare i quattro fattori di stile di vita e poi aggiungere i farmaci, se sono ancora necessari per abbassare la pressione".

lunedì 20 agosto 2012

Cervello, vitamina del sole lo mantiene in salute

Neurosciernze e Nutrizione: Cervello, vitamina del sole lo mantiene in salute

La vitamina D ha un ruolo decisivo nella regolazione della salute del cervello, sia come promotore dello sviluppo del sistema nervoso, sia quale fattore di rallentamento del suo invecchiamento, come dimostrerebbe un crescente numero di studi. Lo sostengono R. Douglas Shytle e Paula C. Bickford del South Florida Health Sciences Center in una rassegna pubblicata oggi su Cerebrum, celebre rivista della Dana Foundation (R. Douglas Shytle, Paula C. Bickford, Vitamin D and the Brain: More Good News, Cerebrum, Apr. 07, 2009).

Le vitamine - spiegano Shytle e Bickford - per definizione non sono sintetizzate dal nostro organismo, ma sono sostanze naturali acquisite con l'assunzione di cibo. Dunque la D non sarebbe una vera e propria vitamina, ma un ormone, dato che gran parte di essa viene prodotta dall'organismo durante l'esposizione ai raggi solari: per tale motivo viene definita "la vitamina del sole".

L'insufficienza di vitamina D è oggi riconosciuta quale "problema di salute mondiale" (dal 20% all'80% della popolazione mondiale ne sarebbe carente) e più di un centinaio di studi confermerebbe il suo ruolo nella prevenzione e nel trattamento di diverse patologie di interesse medico. E' noto che una carenza di vitamina D può portare a osteoporosi e fratture in età adulta. Recenti studi dimostrano inoltre che una insufficienza di tale vitamina può anche aumentare il rischio per diabete, cancro, malattie autoimmuni, ipertensione, ictus, malattie infettive e disturbi psichiatrici. Insomma, sembrano venire sempre più alla luce i diversi ruoli della vitamina D nella regolazione della salute ottimale del nostro cervello, sia in età evolutiva, sia durante l'intero ciclo di vita, invecchiamento compreso.

Bassi livelli di vitamina D sarebbero anche all'origine di deficit cognitivi e psichiatrici, quali demenze, depressione, disturbo bipolare, schizofrenia ecc., in particolare durante l'invecchiamento come "ipovitaminosi D" o HVD (vedere in proposito gli studi di Paul Cherniack della University of Miami, fra cui il più recente Cherniack et al., Some new food for thought: the role of vitamin D in the mental health of older adults, Curr Psychiatry Rep, 2009). Secondo recenti studi, gli anziani, caratterizzati da un rapporto grassi / muscolo elevato, riterrebbero gran parte di questo nutriente nei tessuti adiposi, essendo la vitamina D liposolubile, con conseguenti diminuzioni di disponibilità nel sangue; inoltre, con l'invecchiamento, il meccanismo di produzione di vitamina D a livello epidermico durante l'esposizione al sole diventerebbe sempre meno efficiente.

"Ciò che non è ancora chiaro - sottolineano però gli Autori - è se integrazioni intensive di vitamina D in persone che già soffono di questi disturbi siano in grado di invertirne la rotta...". Va tenuto inoltre presente che l'assunzione di vitamina D con la dieta non è così efficace come la produzione di essa attraverso l'esposizione al sole, dato che per produrre la stessa quantità di ormone equivalente a quella prodotta con una esposizione di 15 minuti al sole estivo (pari a 10.000 IU di vitamina D) sarebbe necessario ad esempio assumere circa 100 bicchieri di latte o 25 tavolette di un comune integratore (contenente in media, quale dose giornaliera raccomandata, 400 IU per tavoletta). Per cui, visto che sta per arrivare l'estate... tutti (con le opportune precauzioni) al sole!

sabato 11 agosto 2012

Alimentazione ed Ansia

Neuroscienze e Nutrizione: alimentazione ed ansia

Secondo ricerche epidemiologiche recenti, almeno un terzo della popolazione mondiale ha avuto o potrà avere un disturbo d’ansia nel corso della propria vita.

L’ansia di per sé è una manifestazione emozionale del tutto naturale e senza di essa molti eventi sarebbero sbiaditi, poco intensi e dunque meno significativi e suggestivi. Al pari della paura, della rabbia, della tri
stezza o la gioia, l’ansia è un’emozione con una funzione importante in relazione anche alla stessa sopravvivenza umana così come si evince da studi di neurofisiologia sotto riportati. Infatti, i circuiti neurali coinvolti nella genesi dell’ansia sono da imputarsi all’attivazione dell’amygdala e dell’ippocampo (Rosen & Schulkin, 1998). L’amygdala o sistema amigdaloideo è associata al sistema olfattivo e limbico dunque all’emozioni, in particolare alla paura. E’ la struttura che dà una valenza alle emozioni in entrata nel sistema uomo e non a caso, per tramite dell’ipotalamo essa attiva il sistema “ lotta o fuggi” ovvero il simpatico. Al pari di un sofisticato sistema di allarme, l’amigdala in caso di uno stimolo ritenuto pericoloso, reagisce immediatamente stimolando le principali aree cerebrali ed innescando la liberazione di neurotrasmettitori quali adrenalina, noradrenalina e dopamina. Il sistema motorio e cardiovascolare accellerano la propria attività in previsione della risposta e contemporaneamente i sistemi mnemonici effettuano una valutazione per rilevare e richiamare “ comportamenti” precedentemente utilizzati per il superamento di pregresse condizioni di pericolo.

Rosen & Schulkin sottoposero dei soggetti a stimolazioni spiacevoli e potenzialmente dannose come odori o gusti ripugnanti mentre essi stessi venivano esaminati mediante scansioni PET. Si evidenziò un flusso sanguigno aumentato nell'amigdala (Zald & Pardo, 1997; Zald, Hagen & Pardo, 2002). Il campione di pazienti di questi studi, riportarono anche un'ansia moderata. Ciò potrebbe indicare che l'ansia sia un meccanismo protettivo progettato per prevenire comportamenti potenzialmente dannosi per l'organismo come ad esempio nutrirsi di cibo avariato.

Uno studio similare al precedente datato 2005 e pubblicato su Biological Psychiatry sembra correlare l’amigdala con la fobia sociale. Il team di ricercatori promotore di questo studio ha monitorato mediante risonanza magnetica l'attività cerebrale di soggetti a cui venivano sottoposte foto di persone col viso minaccioso, arrabbiate, disgustate o spaventate. L’esame strumentale nel mentre, rilevava un’iperattivazione dell’amigdala a cui faceva seguito un incremento dei sintomi di fobia sociale. L'ansia ricorre cronicamente e questa ha un forte impatto sulla vita di una persona, si può diagnosticare un disturbo d'ansia che chiaramente ha una connotazione patologica e per la quale si è coniato il termine di ansia patologica. Le più comuni forme sono il disturbo d'ansia generalizzata (DAG), il disturbo di panico (DP), la fobia sociale e le fobie specifiche, il disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) e il disturbo post-traumatico da stress (DPTS).

L’ansia che qui si vuole descrivere è quella presente durante le sfide che la vita ha in serbo per ognuno di noi, durante gli avvenimenti formanti la personalità o eventi indimenticabili. In questa ottica, l’ansia prende il nome di ansia fisiologica, poiché è la reazione naturale ad un evento “stressante” cui ci troviamo ad affrontare. Il primo giorno di scuola per un bambino, la nascita di un figlio, un intervento chirurgico sono esempi di ciò che si vuole intendere. Certamente essa presenta manifestazioni poco piacevoli: agitazione continua ed inspiegabile, paura vaga, apprensione e preoccupazione. Il corredo sintomatologico fisico non è da meno presentando palpitazioni, dolori al petto e/o respiro corto, nausea, tremore interno.

L’ansia non va stigmatizzata anzi, può essere o meglio dev’essere uno strumento e non un limite. Resta unicamente a noi la scelta. Inoltre in taluni contesti è utile a proteggerci dai rischi in quanto promuove il mantenimento di uno stato di allerta e migliora le prestazioni.

La domanda da porsi allora è: “posso aiutare mio figlio a non risentire del distacco causata dal primo giorno di asilo e della sua prima gita fuori porta o dell’esame di maturità?ed ancora:” E’ possibile ridurre la tachicardia, la sudorazione profusa che capita prima di discutere la tesi di laurea o prima di un colloquio di lavoro? La risposta è si!

Integrando le nozioni di ordine squisitamente neurologico di cui si è accennato all’inizio, dobbiamo ricordare che l’ansia va combattuta quotidianamente anche a tavola, eliminando innanzitutto le sostanze psicoattive come alcool, caffè, tabacco le quali distruggono molte sostanze nutrienti utili alla formazione dei neurotrasmettitori. Si è riscontrato infatti, nei soggetti ansiosi un’alta percentuale di adrenalina, prodotta a partire dall’aminoacido tiroxina, (questo presente negli alimenti proteici) mentre si riscontrano nei medesimi soggetti una bassa percentuale di calcio, vitamina E, serotonina.

L’adrenalina è un mediatore chimico eccitatore e se presente in quantità superiore produce anche rabbia e nervosismo. Non dobbiamo pensare che l’adrenalina debba essere tenuta bassa, infatti in tal caso causerebbe disturbi alla memoria e all’apprendimento, sfaserebbe il ritmo sonno-veglia e concorrerebbe all’instaurarsi della depressione.

Il Calcio oltre alle sue note funzioni sul metabolismo osseo concorre ad un’azione sedativa e quando è carente possono istaurarsi stati d’ansia con irritabilità e nervosismo.

La vitamina E antiossidante per tutte le cellule del corpo, anche per il cervello possiede un effetto calmante mentre la serotonina che è il principale neurotrasmettitore del buon umore dovrà essere stimolata la sua produzione tramite frutti come banane, prugne e ananas, pomodori e melanzane. L’aumento della serotonina può avvenire anche attraverso l’introduzione di cereali integrali; ciò considerando la conversione dell’aminoacido triptofano presente nei cereali, in serotonina all’interno dell’organismo.

I soggetti ansiosi tendono ad avere ipoglicemia. Ciò si traduce con uno squilibrio biochimico cerebrale a livello dell’attività elettrica e compportando aggressività irregolare, stanchezza cronica, spossatezza. E’ stato notato inoltre come ad un basso livello di zuccheri corrispondono bassi livelli di serotonina.

L’alimentazione ideale in tali casi deve orientarsi su alimenti con un indice glicemico basso in sostituzione di quelli ad alto indice per il risaputo e rapido metabolismo che essi vanno incontro, comportando un circolo vizioso di sintomi.

Il complesso vitaminico B concorrono al buon funzionamento del cervello e al buon umore, in particolare la B3 viene utilizzata dall’organismo per trasformare il triptofano in serotonina. Se essa è carente si prova paura per aspetti normali della vita quotidiana, si diventa apprensivi, sospettosi e insonni.

La B3 aiuta il rilassamento ed è leggermente ipnotica.

L’ansia può giovarsi anche del magnesio, della vitamina C che concorre a modulare la concentrazione di adrenalina e la B12.

venerdì 10 agosto 2012

Cibo ed economia

Cibo ed economia

Il lato economico ha un'importanza spesso fondamentale nelle scelte dei cibi; purtroppo errate convinzioni alimentari si traducono spesso in errati comportamenti nella spesa di tutti i giorni. Vediamo gli errori più comuni.

I prodotti di qualità costano – Non è affatto vero. È ovvio che il costo ha un peso importante, ma lo ha nella scelta della classe alimentare (per esempio se il caviale costa troppo lo si esclude senza problemi dalla propria dieta), non all'interno della classe. Scegliere sempre e comunque ola marca che costa meno non è una saggia strategia. Imparate a chiedervi: perché costa meno? Scoprirete: data di scadenza breve, conservanti, componenti di scarsa qualità ecc. Non serve nemmeno andare all'opposto e scegliere sempre il prodotto più caro come garanzia di qualità. L'importante è un giusto compromesso dove il costo è importante, ma non è la cosa più importante. Oggi la produzione industriale, accanto a prodotti discutibili, ne sforna molti di alta qualità e su questi spesso vengono fatte campagne di lancio, sconti per quantità ecc. Chi si lamenta dei prezzi dovrebbe capire che fare la spesa tutti i giorni è decisamente antieconomico: meglio fare incetta di prodotti in offerta (basta un congelatore per conservare i cibi deperibili), magari scontati del 30-40%, piuttosto che scegliere ogni giorno prodotti scadenti, ma meno cari rispetto al prezzo di listino di prodotti migliori. Il miglior tonno in offerta al 30% di sconto costa come un tonno scadente a prezzo pieno. Se il prezzo è importante, studiate le strategie commerciali dei vari esercizi commerciali. È intelligente trovare a meno prodotti ottimi, non spendere di meno in assoluto.

Alcuni alimenti sono inavvicinabili – Se alludete a branzini, salmone affumicato, culatello ecc. avete ragione, ma dal punto di vista nutrizionale non è detto che è migliore ciò che costa di più. Il tartufo è l'esempio più eclatante: anche quello più costoso ha proprietà nutrizionali praticamente nulle. Quindi imparate a giudicare i cibi non in base alla moda più raffinata, ma al loro vero valore nutritivo. Il tonno o il salmone al naturale in scatola sono altrettanto validi che orate e branzini e il salmone al naturale è addirittura meglio di quello affumicato e costosissimo.

Frutta e verdura costano troppo – Non fissatevi su prodotti precisi, ma siate elastici e scegliete sempre frutta e verdura di stagione. Se i pomodori costano troppo, comprate le zucchine o viceversa. Inoltre ricordatevi che la surgelazione altera le proprietà del prodotto esattamente come il trasporto e la conservazione sul banco per i prodotti freschi. A meno che non vi coltiviate frutta e verdura da voi, probabilmente un prodotto surgelato è del tutto equivalente a uno fresco acquistato presso un punto vendita, ma raccolto diversi giorni prima.


Il prezzo non è tutto

Le calorie - Ovviamente non si può acquistare un prodotto di cui non si hanno indicazioni caloriche, soprattutto quando è un prodotto non standard (come invece per esempio lo sono lo zucchero o la verdura come le carote o gli spinaci). È incredibile come grandi marche continuino a proporre prodotti senza etichetta nutrizionale. Alcune volte è perché ottengono prodotti migliori al gusto solo aggiungendo calorie, ma spesso è semplicemente una mancata sensibilità alimentare. Un altro trucco a cui prestare attenzione è l'indicazione calorica per porzione: in genere dovrebbe favorire l'utente che sa per esempio che un gelato sono 160 kcal, ma dall'altro spesso fa passare per ipocalorici prodotti caloricissimi semplicemente perché la porzione è ridotta. Fate sempre riferimento alle calorie per 100 g. Nella ricerca delle calorie non siate maniaci, ma tenete conto anche delle proprietà organolettiche dell'alimento e del suo potere saziante. La marmellata per esempio può andare dalle 80 alle 260 kcal per 100 g. La prima è probabilmente poco di più di un succo di frutta, la seconda è una vera bomba calorica con tanto zucchero aggiunto. La soluzione probabilmente sta nello scegliere marmellate fra le 120 e le 160 kcal per 100 g.

Senza zuccheri, senza grassi, senza colesterolo ecc. - Troppe pubblicità invitano alla scelta del prodotto in base a una sua caratteristica che indica un'assenza di un componente che viene così demonizzato. Imparate a valutare l'importanza di questa assenza. Molto spesso è solo una trovata con cui si cerca di attirare chi ha una scarsa coscienza alimentare. L'eccesso di calorie, se introdotto sotto forma di grassi o di zuccheri, va sempre a trasformarsi in grasso. Che senso ha proporre biscotti senza zucchero o senza grassi se poi le calorie superano quelle di biscotti tradizionali?

Le versioni light - In alcuni casi (maionese, alcuni formaggi ecc.) sono da preferirsi, in altre (yogurt, biscotti) ecc. rientrano nel paragrafo precedente: meno calorie, ma sono prodotti utili? Non lo sono quando il prodotto diventa poco saziante e alla fine se ne mangia di più per non morire di fame. Per esempio esistono yogurt light con pezzi di frutta abbastanza sazianti che vale la pena considerare e yogurt interi senza grassi praticamente liquidi il cui potere saziante è bassissimo offrendo in cambio un risparmio calorico di sole 20 kcal per 100 g!

Il biologico - Da un punto di vista prettamente alimentare non è sinonimo di migliore qualità. C'è infatti una grande confusione sul termine. Ci sono prodotti biologici che dal punto di vista alimentare sono veramente scadenti (quelli che si rifanno alla tradizione, senza cura delle calorie, della ripartizione fra macronutrienti, dell'indice di sazietà), altri che sono validi ma che hanno un costo elevato, altri che invece sono decisamente consigliabili. Questi ultimi in genere vengono proposti da produttori di una certa dimensione che riescono a combinare i vantaggi dell'industria a quelli della purezza del prodotto.


RiassumendoLa filosofia del basare le scelte alimentari sul prezzo indica scarsa cura della propria alimentazione che, prima sul prezzo, deve basarsi sulla salubrità dei prodotti. È molto facile dimostrare che l'alimentazione non può essere un collo di bottiglia economico nella qualità della propria vita.Questa affermazione stupirà soprattutto coloro che lottano mensilmente per sopravvivere, ma è del tutto logica se si pensa ai tanti errori "economici" che si commettono, salvo poi tentare di porvi rimedio con l'errato ricorso al discount. Di seguito alcune semplici "dritte" per spendere bene e mangiare meglio.

Scegliete 2 o 3 supermercati di alta qualità e verificate le offerte. Prodotti di medio-alta qualità vengono periodicamente offerti anche con sconti del 50%. Se i prodotti consentono una conservazione lunga, approfittate delle offerte.
Dotatevi di strumenti (congelatore, affettatrice ecc.) che consentano di ottimizzare i costi, permettendo di acquistare prodotti a prezzi favorevoli perché in quantità.
Dotatevi di strumenti (macchina del pane, yogurtiera ecc.) che consentono risparmio di denaro e (importante) di tempo.
Non fissatevi su alimenti precisi, ma verificate alternative equivalenti. Ciò vale soprattutto per frutta e verdura e per il pesce (ricordatevi per esempio che tonno e salmone sono salutisticamente ottime scelte, spesso meglio di costosissimi branzini od orate di allevamento).Ricordate infine che chi segue un'alimentazione per un corretto peso corporeo mangia mediamente il 20% in meno di chi è sovrappeso. Come dire: mangia di meno, ma meglio!

Dieta e Depressione


Neuroscienze e Nutrizione: Dieta e Depressione


La dieta ed il nostro atteggiamento verso il cibo influenzano e sono influenzati dal tono dell'umore. La depressione è un disturbo del tono dell'umore che perde il suo carattere fisiologico di flessibilità, si riduce e non è più influenzabile dalle situazioni positive.

I sintomi tipici della depressione legati alla dieta sono: alterazioni dell'appetito e calo ponderale (-5% al mese) e, meno frequentemente, il netto aumento dell'appetito con conseguente incremento del peso corporeo.

Le diete ipocaloriche costituiscono un fattore di rischio importante per l'insorgenza della depressione, soprattutto in seguito all'assunzione difarmaci anoressizzanti; ciò comporta effetti negativi sulle emozioni e sul comportamento. Alcuni di questi principi farmacologici inducono anche un senso di euforia che lascia il posto ad una più o meno grave depressione all'interruzione della terapia. Altri farmaci associati alle diete dimagrantifavoriscono la comparsa di malumore, stanchezza e sedazione; è assolutamente controindicata l'associazione di queste molecole con gli antidepressivi. Inoltre, spesso la dieta viene interpretata ed eseguita in modo irrazionale, senza un controllo specialistico, incidendo negativamente sullo stato di nutrizione del soggetto. Sia nei soggetti predisposti che in quelli non predisposti, la dieta ipocalorica inadeguata può favorire la depressione.

L'abitudine di inserire caffè ed alcol nella dieta può incidere negativamente sulla guarigione dalla depressione; il depresso tende all'abuso di certe sostanze nel tentativo (vano) di alleviare le proprie sofferenze.
Il caffè ha un'azione psicostimolante e le sue ripercussioni sul sistema nervoso (quindi sulla depressione) sono dose dipendenti. Nella maggioranza dei depressi, il momento peggiore della giornata è il risveglio mattutino; pertanto, l'assunzione di caffè secondo le proprie abitudini (ma evitandone l'abuso), oltre che normale, potrebbe essere anche utile; deve esserne necessariamente evitato il consumo nelle ore serali.
La dieta non dovrebbe contenere bevande alcoliche, in quanto l'azione disinibente di questonervino peggiora lo stato emotivo del soggetto affetto da depressione. Inoltre, l'alcol interferisce con le terapie antidepressive, peggiorandone gli effetti indesiderati: debolezza, sonnolenza,ipotensione arteriosa w disturbi fisici di vario genere. Ciò determina una riduzione dell'efficacia del trattamento.

Molte altre molecole presenti nella dieta incidono sul cervello e sulla depressione. E' il caso dell'istamina, un neurotrasmettitore eccitante che, se introdotto in eccesso, può scatenare forti mal di testa ed ansia, peggiorando di conseguenza lo stato emotivo del depresso (sindrome sgombroide). Negli alimenti, l'istamina è presente soprattutto nei prodotti ittici come il pesce azzurro e rappresenta un indice di mal conservazione e contaminazione batterica.
Anche l'elevato apporto di glutammato - un altro amminoacido che funge da neurotrasmettitore eccitante, nonché da additivo alimentare utilizzato come esaltatore di sapidità - può determinare l'alterazione ed il peggioramento del tono dell'umore, favorendo crisi neurovegetative con sudorazione profusa, nausea, vomito, mal di testa e grande stanchezza (sindrome da ristorante cinese).
La tiramina è una ammina derivata dall'amminoacido tirosina e, oltre ad essere anch'essa un marker di contaminazione batterica, quindi di mal conservazione, è presente in buone quantità in:formaggi, carni lavorate, salsa di soia, vino rosso, pesce, cioccolato, banane e bevande alcoliche. Essa stimola le scariche eccessive di noradrenalina, facilitando cefalea pulsante, tachicardia e calore al volto. Sia gli effetti collaterali dell'eccesso di glutammato che quelli inerenti l'eccesso di tiramina nella dieta, possono peggiorare significativamente il quadro sintomatologico della depressione.

Volgendo l'attenzione ai macronutrienti che costituiscono la dieta contro la depressione, è fondamentale che l'apporto di carboidrati non prescinda dalle percentuali raccomandate da una buona e sana alimentazione; un difetto cronico dell'apporto di zuccheri (associato ad un incremento significativo dei grassi) potrebbe causare inizialmente uno stato di ipoglicemia con relativi sintomi ed effetti collaterali. Solo in seguito alla chetoacidosi indotta dall'ipoglicemia, il cervello può raggiungere l'assuefazione ad una condizione NON fisiologica e godere di uno stato di benessere quasi euforico indotto dall'intossicazione sanguigna; in considerazione delle note conseguenze distruttive dei corpi chetonici sugli altri organi del corpo e del tipico andamento altalenante dell'umore, la dieta chetogenica non è considerata una valida terapia contro la depressione. Per contro, anche l'eccesso di carboidrati (>70%) a discapito di proteine e grassi provoca effetti indesiderati degni di nota; i più rilevanti sono: diminuzione dell'utilizzazione del glucosio da parte del tessuto cerebrale, confusione, rallentamento e letargia.
Non solo la quantità ma anche la qualità dei nutrienti nella dieta può incidere in maniera positiva o negativa sui sintomi della depressione. Infatti, nel medio e nel lungo termine, i grassi contenuti nella dieta incidono significativamente sulla composizione dei lipidi contenuti nella membrana neurale del cervello. Un buon apporto di acidi grassi essenziali omega 3 garantisce l'integrità e l'ottimizzazione dei rivestimenti mileinici dei neuroni (costituenti la materia bianca cerebrale) a giovamento degli impulsi nervosi; al contrario, una dieta ricca di colesterolo, con un apporto eccessivo di acido arachidonico ed un rapporto inadeguato omega3/omega6 sembra avere un effetto negativo sull'apprendimento, sulla memoria e, a causa del deficit di trasmissione nervosa, sul tono dell'umore (già alterato nella depressione). Ovviamente, una dieta ricca di omega 3 si distingue per l'effetto terapeutico specularmente opposto.

Sebbene abbia poco a che fare con la dieta nella depressione, ricordiamo che l'attività fisicarappresenta il maggior coadiuvante alle terapie farmacologiche per la lotta agli scompensi endocrini tipici di questa patologia; essa induce uno stimolo noradrenergico ed un rilascio endorfinico tali da favorire il miglioramento (più o meno importante a seconda della gravità della malattia) dei sintomi della depressione.

In sintesi, la dieta contro la depressione deve essere:
Possibilmente normocalorica o comunque poco aggressiva e monitorata da uno specialista
Priva di farmaci anoressizzanti
Moderata in caffeina
Priva di alcol
Poverissima di istamina, glutamina e tiramina
Correttamente ripartita in macronutrienti
Ricca di acidi grassi essenziali omega3 e povera di colesterolo ed acidi grassi saturi
Coadiuvata all'attività fisica svolta con regolarità


Bibbliografia:
Depressione, ansia e panico: domande e risposte - Associazione per la Ricerca sulla Depressione. Salvatore Di Salvo - Campagna informativa su depressione e ansia; 2005
Mente inquieta. Stress ansia e depressione – Francesco Bottaccioli – Tacniche nuove – 36:44

martedì 7 agosto 2012

I BENEFICI DEL PESCE NELLO SVILUPPO FETALE: ACIDI GRASSI OMEGA3 E SVILUPPO DEL SISTEMA NERVOSO NEL FETO

Neuroscienze e Nutrizione: I benefici del pesce nello sviluppo fetale.

Gli acidi grassi omega-3 appartengono ad una categoria di acidi grassi poliinsaturi.
Essi sono definiti essenziali perchè l'organismo umano non è in grado di produrli autonomamente e pertanto devono essere introdotti con la dieta.
Le fonti nutrizionali di acidi grassi
omega-3 sono essenzialmente gli olii di alcuni pesci (salmone, pesce spada, tonno, sgombri, sardine, aringhe) e fonti vegetali quali i semi di lino, i legumi, le noci, l'olio di soia.

I principali acidi grassi poliinsaturi omega-3 sono: l'acido alfa-linolenico (ALA), l'acido eicosapentaeonico (EPA) e l'acido docosaexanoico (DHA).Il DHA è fondamentale per il corretto sviluppo e funzionamento del nostro Sistema Nervoso, in particolare per un ottimale sviluppo visivo e cognitivo.Le membrane fotorecettoriali della retina contengono un'alta percentuale di DHA (circa il 60%) suggerendo un profondo coinvolgimento di questa sostanza nella funzione visiva. I bambini nascono con un sistema visivo solo parzialmente formato e durante il primo anno di vita la situazione migliora rapidamente. Studi condotti su uomini e animali hanno evidenziato che la carenza di DHA nella dieta determina una riduzione dell'acuità visiva che è dovuta non solo a modificazioni della retina ma anche del cervello.

Diversi studi internazionali hanno valutato gli effetti del DHA sul sistema visivo in crescita e hanno dimostrato che i livelli del DHA nel latte materno e nel latte formula supplementato con DHA sono positivamente correlati allo sviluppo visivo dei bambini nati a termine.
Le concentrazioni di DHA del cervello umano sono di gran lunga superiori a quelle ematiche; il DHA nel cervello
svolge un ruolo chiave per la crescita e la funzione del tessuto nervoso.
Una ridotta concentrazione di DHA nel cervello durante lal vita fetale si evidenzia successivamente in un ridotto sviluppo neuronale, in deficit della neurotrasmissione, in deficit neurocognitivi e alterazioni del comportamento, nel senso di maggior ansia, aggressività e depressione.

Il suo accumulo inizia in utero, negli ultimi mesi di vita fetale e nei primi 2-3 mesi di vita, fino al termine del secondo anno. Di conseguenza il feto ha necessità di omega-3, in particolare di DHA, sopratutto negli ultimi tre mesi di gravidanza , quando nuove cellule cerebrali vengono generate ad un ritmo di oltre 250.000 cellule nervose al minuto.

Il "Ritardato Accrescimento Intrauterino" (IURG), è stato relazionato ad un basso livello di di acidi grassi poliinsaturi nel sangue fetale. Secondo alcuni studi epidemiologici, le donne in gravidanza che consumano grandi quantitativi di omega-3 hanno un tasso di nascite premature (causa di problemi fisici e neurologici, come la difficoltà di apprendimento) inferiore alle altre, e pesi neonatali conseguentemente più elevati.
Le gravidanze gemellari o le gravidanze singole ripetute a breve distanza l'una dall'altra creano una condizione di relativa carenza e una maggiore necessità di DHA.
Da questa constatazione nasce la recente pratica di integrare l'alimentazione della gestante e della nutrice con DHA, al fine di garantire il corretto sviluppo del tessuto cerebrale, dell'acuità visiva e delle capacità cognitive del feto e del neonato.Molte aziende specializzate nella produzione di latte aggiungono DHA ai loro prodotti per avvicinarne la composizione al latte umano. Il latte formula di un tempo non conteneva DHA, se non in minime quantità.

Le diete moderne sono carenti di DHA ed in particolare in gravidanza. Se la dieta della gravida contiene poco DHA le scorte materne che si sono formate prima della gravidanza si ridurranno gradualmente anche a causa dell'aumentato fabbisogno. Le donne in gravidanza e anche quelle in età fertile o con desiderio di prole andrebbero, pertanto, indirizzate ad una dieta bilanciata contenente 1-2 porzioni di pesce grasso alla settimana.Il modo migliore per aumentare i livelli ematici di DHA durante la gravidanza e l'allattamento al seno è quello di supplementare la mamma con almeno 200 mg/die di DHA da olio di pesce ad elevata purezza. L'assunzione isolata di DHA offre maggiori garanzie di stabilità del prodotto e riduce il rischio di interazioni con altre sostanze (raccomandazioni FAO e Istituto Superiore della Sanità).

giovedì 2 agosto 2012

Obesità e disturbi mentali, legame a doppio filo?


Neuroscienze e Nutrizione: Obesità e disturbi mentali, legame a doppio filo?


I medici dovrebbero prestare più attenzione al possibile legame tra disturbi mentali comuni e obesità, perché queste due condizioni sembrano essere strettamente correlate. Lo sostiene Evan Atlantis in un editoriale pubblicato sull'ultimo numero del British Medical Journal (Atlantis E., Obesity and depression or anxiety, BMJ, Oct. 2009).

Atlantis suffraga le ipotesi di un “rischio a due vie tra obesità e disturbi mentali comuni”. Nel suo editoriale, che commenta un nuovo studio pubblicato in full text a libero accesso su BMJ realizzato da Mika Kivimäki e colleghi dello University College di Londra (Kivimaki M et al., Common mental disorder and obesity: insight from four repeat measures over 19 years: prospective Whitehall II cohort study, BMJ, Oct. 2009), Atlantis sottolinea infatti che "a fini non solo preventivi ma anche di una terapia efficace, è necessario comprendere meglio i meccanismi per l'apparente rischio bidirezionale tra obesità e disturbi mentali comuni. Nonostante siano aspetti largamente trascurati, numerosi fattori psicosociali, fisiologici e legati allo stile di vita possono essere coinvolti nella complessa inter-relazione tra obesità e disturbi mentali".

Le persone obese – prosegue Atlentis – specialmente coloro che si percepiscono in sovrappeso, spesso vivono situazioni di stigma e di discriminazione legate a questo problema, con conseguente abbassamento dell'autostima e crescente senso di colpa. L'obesità risulta generalmente associata a condizioni socioeconomiche di basso livello, oltre che alla scarsa attività fisica praticata: entrambi i fattori sono forti predittori di depressione.

L'obesità può diventare una condizione cronica di stress, sottolinea il British Medical Journal, causando disfunzioni fisiologiche significative che possono predisporre le persone a stati depressivi e alla sintomatologia a essi connessa. Una ridotta attività fisica e una assunzione eccessiva di cibo, in particolare alimenti ricchi di grassi e zuccheri per migliorare lo stato dell'umore, sono comuni tra i pazienti depressi e ansiosi. L'attivazione del sistema endocannabinoide, che aumenta l'appetito e può allo stesso tempo alleviare la depressione, sembra rinforzare questo comportamento.

Secondo Atlantis “i pazienti che presentano sintomi di disturbi mentali comuni dovrebbero ricevere dal proprio medico anche una valutazione del rischio di obesità e delle patologie croniche correlate, e viceversa. Un approccio multidisciplinare finalizzato alla promozione di uno stile di vita sano è decisiva”.

Alzheimer, lo si previene anche con la dieta

Neroscienze e Nutrizione: Alzheimer, lo si previene anche con la dieta

"I risultati del nostro studio devono essere confermati da altre ricerche, ma già mostrano la possibilità che interventi sulla dieta alimentare possano modificare il rischio per l'Alzheimer e le altre demenze". Sono le parole di Miia Kivipelto, dell'Università finlandese di Kuopio, che ha scoperto che gli adulti consumatori moderati di caffé hanno un rischio minore di manifestare declino cognitivo durante l'invecchiamento. Lo studio, che mette in chiara luce la stretta relazione sussistente fra alimentazione e funzioni cognitive del cervello, è pubblicato sul Journal of Alzheimer's Disease (Marjo H. Eskelinen et al., Midlife Coffee and Tea Drinking and the Risk of Late-Life Dementia: A Population-Based CAIDE Study, JAD, Vol.16, N.1, 2009).

E' noto che la caffeina stimola nel breve termine il sistema nervoso centrale: ma in che modo viene influenzata la cognizione a lungo termine? E' questa la domanda che si è posto il team europeo di ricercatori finlandesi e svedesi dell'Università di Kuopio e del Karolinska Institutet di Stoccolma, scoprendo che l'abitudine di bere caffé o tea in età adulta può ridurre il rischio di Alzheimer (AD) e di altre demenze.

Nella ricerca è stato utilizzato un questionario semistrutturato volto a misurare l'assunzione di caffè e tea, con questi parametri di riferimento: basso (da 0 a 2 tazze in media al giorno), moderato (3-5 tazze), alto (5 o più), come si legge in una nota stampa Cordis News, notiziario di informazione sulla ricerca condotta nell'Unione Europea.

Risultato: i consumatori adulti di caffé mostravano un rischio minore di contrarre demenza e Alzheimerrispetto a chi beveva caffé o non ne beveva affatto; chi dichiarava un'assunzione moderata di caffé mostrava il rischio minore. "L'identificazione dei meccanismi attraverso i quali il caffé esercita una protezione contro la demenza e il morbo di Alzheimer potrebbe aiutare a sviluppare nuove cure per queste malattie", ha concluso la Kivipelto.

Neuroscienze nutrizionali nella prevenzione dell'invecchiamento cerebrale patologico

Neuroscienze e Nutrizione: Neuroscienze nutrizionali nella prevenzione dell'invecchiamento cerebrale patologico

L'alzheimer potrebbe essere prevenuto e contrastato: questo affermano le recenti ricerche nell'ambito delle neuroscienze nutritive. Se ne è discusso nella tavola rotonda svoltasi al Sanit 2011.


http://www.youtube.com/watch?v=2KTgIbgJgOY&feature=share




http://www.youtube.com/watch?v=2KTgIbgJgOY&feature=share