Dott. Vincenzo Tedesco

Nutrizionista e Neuroscienziato

Dottore in Biologia Cellulare e Molecolare

Dottore di Ricerca in Biomedicina Traslazionale e Farmacogenomica


Diete personalizzate

Nutrizione neuropsichiatrica e neurodegenerativa

Nutrizione estetica

Nutrizione sportiva per agonisti ed amatori

Intolleranze alimentari


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martedì 31 ottobre 2017

Psoriasi. Il grasso addominale innesca infiammazione vascolare


Nei pazienti che soffrono di psoriasi, il grasso addominale può dar vita a un processo infiammatorio a livello vascolare, aumentando così il rischio di una malattia cardiovascolare. Lo studio è stato pubblicato dal Journal of the American College of Cardiology

(Reuters Health) – Al di là dell’indice di massa corporea, il grasso addominale giocherebbe un ruolo chiave nell’infiammazione vascolare, almeno nei pazienti che soffrono di psoriasi. È quanto emerge da uno studio pubblicato JAAC: Cardiovascular Imaging e coordinato da Joshua Rivers del National Institute of Health (NIH).

Per lo studio, i ricercatori hanno preso in considerazione 77 persone con psoriasi lieve o moderata e, attraverso la PET/CT, hanno studiato il rapporto tra adipe addominale e infiammazione vascolare, cercando di capire se il trattamento contro la psoriasi andava ad alterarli. I pazienti avevano un’età media di 52 anni ed erano prevalentemente maschi con un basso rischio cardiovascolare, determinato mediante il metodo di valutazione a 10 anni Framingham.

Le evidenze
Dai risultati è emerso che, nei pazienti con psoriasi, il grasso addominale era associato a un aumento dei fattori di rischio per le malattie cardiovascolari, inclusa l’infiammazione vascolare. Il rapporto con questo grasso, “è rimasto più robusto rispetto al grasso sottocutaneo”, dicono gli autori.

Inoltre, Rivers e colleghi hanno evidenziato che il grado di severità della psoriasi sembrerebbe avere una relazione dose-risposta con l’aumentare dei fattori di rischio della malattia cardiometabolica e che il trattamento della psoriasi avrebbe portato a un miglioramento dell’infiammazione vascolare e nel grasso addominale. Aspetti che suggeriscono come “la modulazione del volume di grasso all’addome possa svolgere un ruolo nella riduzione del fattore di rischio cardiovascolare dovuto allo stato di infiammazione cronica”.

Fonte: Journal of the American College of Cardiology

giovedì 5 ottobre 2017

Svelato il perché con gli anni si accumula grasso sull’addome: effetto del sistema nervoso-immunitario.


Le cellule del sistema immunitario, interagendo con il sistema nervoso, controllano il metabolismo, anzi lo ‘inceppano’.

Con il passare degli anni il grasso si accumula con sempre maggior facilità a livello dell’addome e questo porta ad un aumentato rischio di patologie croniche. Sistema nervoso e sistema immunitario parlano tra loro per controllare metabolismo e infiammazione. Uno studio pubblicato su Nature suggerisce una possibile spiegazione al perché sia così difficile ‘bruciare’ il grasso viscerale, aprendo così la strada a possibili nuovi approcci terapeutici.

Gli ‘adulti-anziani’ – osservano gli autori dello studio – a prescindere da quanto pesino presentano un aumento del grasso viscerale; tuttavia quando devono consumare energia, lo fanno senza intaccare le riserve immagazzinate nel grasso addominale, o almeno non con la stessa efficienza di quando erano più giovani. Un grasso ‘testardo’ dunque, quello viscerale, molto difficile da smaltire. Fino ad oggi non si sapeva perché.

L’attenzione di Vishwa Deep Dixit, professore di medicina e immunobiologia comparativa e colleghi è stata attirata dai macrofagi, o meglio da un tipo particolare di macrofagi che risiediono nelle terminazioni nervose del grasso addominale; questi macrofagi che vivono in prossimità dei nervi tendono ad infiammarsi con passare degli anni e in questo modo non consentono ai neurotrasmettitori di funzionare normalmente.

Lo stesso gruppo di ricerca ha isolato cellule del sistema immunitario dal tessuto adiposo di topi giovani e vecchi, andando quindi a sequenziare il genoma per cercare di comprendere cosa fosse a causare il problema. “Abbiamo scoperto - afferma Dixit che i macrofagi ‘anziani’ sono in grado di distruggere un tipo particolare di neurotrasmettitore, le catecolamine. In questo modo non consentono agli adipociti di rilasciare l’energia, dal grasso addominale, quando la domanda aumenta”.

In una seconda parte dello studio i ricercatori americani hanno scoperto che, riducendo nei macrofagi ‘anziani’ le concentrazioni di uno specifico recettore deputato al controllo dell’infiammazione, l’inflammasoma NLRP3, le catecolamine tornavano a fare il loro lavoro, cioè a indurre il catabolismo del tessuto adiposo, esattamente come nei topini giovani. 
In un altro esperimento, gli autori dello studio hanno scoperto che, bloccando un enzima, la monoamino-ossidasi A (MAOA) che risulta aumentato nei macrofagi ‘anziani’, si ripristinava il normale metabolismo del tessuto adiposo nei topi anziani. Questo enzima viene inibito anche da farmaci utilizzati in clinica per il trattamento della depressione, ma è azzardato al momento pensare di poterli usare negli anziani per ‘risvegliare’ il loro metabolismo.

I prossimi step di questo gruppo di ricerca consisteranno nell’esaminare più in dettaglio le cellule del sistema immunitario e come queste interagiscono con le terminazioni nervose. Se il controllo dell’infiammazione nelle cellule immunitarie invecchiate può migliorare il metabolismo, potrebbe indurre anche altri effetti positivi sul sistema nervoso o sui processi legati all’invecchiamento in generale. Un filone di ricerca insomma che, studiando le interazioni tra cellule immunitarie e sistema nervoso, cerca di trovare la strada per ridurre il grasso viscerale, stimolare il metabolismo e migliorare le performance nell’anziano.