Dott. Vincenzo Tedesco

Nutrizionista e Neuroscienziato

Dottore in Biologia Cellulare e Molecolare

Dottore di Ricerca in Biomedicina Traslazionale e Farmacogenomica


Diete personalizzate

Nutrizione neuropsichiatrica e neurodegenerativa

Nutrizione estetica

Nutrizione sportiva per agonisti ed amatori

Intolleranze alimentari


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lunedì 29 agosto 2022

Dieta antinfiammatoria contro l'artrite reumatoide

Artrite reumatoide: la sua gestione con alimenti antinfiammatori

 

Una revisione sistematica è stata condotta da un team di scienziati presso l’University of Limerick in Irlanda, la Deakin University e la La Trobe University in Australia, al fine di esplorare l’effetto degli interventi dietetici, con o senza integrazione di omega-3, per la gestione dell’artrite reumatoide (AR). Gli autori hanno incluso 20 studi per un totale di 1.063 partecipanti affetti dalla patologia cronica autoimmune.

Secondo i risultati dell’analisi, resi noti su “Nutrients” nel 2021, gli esiti più frequentemente riportati erano il dolore, la durata della rigidità articolare mattutina, l’infiammazione articolare, la forza della presa e i marker di infiammazione.
È stato evidenziato che diete a base di alimenti antinfiammatori potrebbero essere un modo efficace di apportare miglioramenti in alcuni parametri in adulti affetti da AR alla ricerca di trattamenti complementari

Tuttavia, sono necessari studi di più lunga durata, ben progettati per indagare riguardo l’influenza della dieta sulla patologia.

Nutri & Previenti | Ilenia di Martino
Fonte: Raad, T., Griffin, A., George, E. S., Larkin, L., Fraser, A., Kennedy, N., & Tierney, A. C. (2021). Dietary Interventions with or without Omega-3 Supplementation for the Management of RheumatoidArthritis: A Systematic Review. Nutrients, 13(10), 3506. https://doi.org/10.3390/nu13103506

martedì 23 agosto 2022

Cavoli e broccoli: possono dissolvere gli emboli per trattare i pazienti di ictus

Le sperimentazioni pre-cliniche finora condotte mostrano che il loro uso nel combattere gli ictus potrebbe essere ampliato individuando le molecole che mitigano il rischio di infarto.

Sono tra i cibi più impopolari nei menu familiari - broccoli, cavoli, cavolfiori e cavoletti di Bruxelles - ma le loro proprietà salutari sono fuori questione. Ora una nuova ricerca dell'Heart Research Institute e dell'University of Sydney indica che le loro sostanze chimiche naturali possano dissolvere gli emboli e trattare i pazienti di ictus, oltre a migliorare l'efficacia dei farmaci fluidificanti. Le sperimentazioni pre-cliniche finora condotte usando modelli animali mostrano che il loro uso nel combattere gli ictus potrebbe essere ampliato individuando le molecole che mitigano il rischio di infarto. Il responsabile del progetto Xuyu Liu dell'University of Sydney, specializzato nello sviluppo di farmaci a piccole molecole, scrive sul sito dell'ateneo che una dieta accresciuta di broccoli e cavoletti di Bruxelles in particolare può raddoppiare la probabilità di sbloccare le arterie e potenzialmente di evitare gli ictus. "La ricerca segna la prima volta in cui si esamina come alimentiamo con questi cibi il sistema di circolazione del sangue. L'obiettivo di lungo termine è di sviluppare nuovi trattamenti che possano agire sulla formazione di emboli a livello molecolare". L'ictus avviene quando l'alimentazione di sangue al cervello è interrotta, affamando le cellule di ossigeno e di nutrienti e alla fine causando un ictus ischemico - una forma di embolia che ostruisce il flusso sanguigno. Liu aggiunge che le sperimentazioni precliniche del suo gruppo di ricerca hanno isolato con successo una sostanza chimica naturale nei broccoli, chiamata isothiocyanato, capace di raddoppiare il tasso di disostruzione delle arterie, rispetto ai correnti farmaci TPA (Attivatore tissutale del plasminogeno). Nella prossima fase del progetto, i farmaci saranno sottoposti a sperimentazione umana, con l'obiettivo di produrre un farmaco bevanda che combini in se' le molecole più efficaci per trattamento antitrombotico.


CARDIOLOGIA | REDAZIONE DOTTNET

giovedì 4 agosto 2022

Il diabete si può combattere a tavola


Secondo una ricerca italiana cambiando il proprio piano alimentare sarebbe possibile, in soli 2 mesi, ridurre significativamente il grasso accumulatosi in eccesso nel pancreas e conseguentemente migliorare la produzione di insulina.

Una ricerca condotta dall'Unità di Diabete, Nutrizione e Metabolismo dell'Università Federico II di Napoli, in collaborazione con l'Ircss Synlab Sdn e l'Istituto di Biostrutture e Bioimmagini del Cnr di Napoli, i cui risultati sono stati pubblicati su Diabetes Care, la principale rivista americana di diabetologia, dimostra che si può combattere e prevenire il diabete con una dieta con diverse componenti benefiche, ispirata alla tradizione mediterranea. 

Secondo lo studio cambiando il proprio piano alimentare sarebbe possibile, in soli 2 mesi, ridurre significativamente il grasso accumulatosi in eccesso nel pancreas e conseguentemente migliorare la produzione di insulina. Quando il grasso è in eccesso, "si accumula, oltre che nel tessuto adiposo, anche in organi in cui non ci dovrebbe essere, come fegato, pancreas, cuore e muscolo, e questo accumulo altera alcune funzioni principali dei vari organi", ha spiegato il ricercatore Giovanni Annuzzi. Nel corso dello studio, è stato chiesto a pazienti con diabete tipo 2 di seguire per 2 mesi una dieta multifattoriale o una dieta ricca in acidi grassi monoinsaturi contenuti nell'olio extra-vergine d'oliva. La dieta multifattoriale "era ricca in fibre e in alimenti a basso indice glicemico (legumi, verdura, cereali integrali e frutta), acidi grassi monoinsaturi (presenti nell'olio extra vergine d'oliva), acidi grassi omega 3 e omega 6 (derivanti dal pesce grasso e dalla frutta secca a guscio), vitamine e polifenoli (frutta, verdura, tè, caffè). Mentre, l'altra dieta era ricca solo in acidi grassi monoinsaturi derivanti dall'olio extra vergine d'oliva", ha spiegato il ricercatore Giuseppe Della Pepa.

Ai partecipanti è stato misurato il contenuto di grasso pancreatico tramite una risonanza magnetica prima e dopo la dieta.
Inoltre, sono stati monitorati i livelli di glicemia e insulinemia a digiuno e nelle 4 ore successive ad un pasto test. "Al termine dei 2 mesi, il grasso pancreatico si è ridotto significativamente del 10% nella dieta multifattoriale e durante il pasto abbiamo osservato, sempre nella dieta multifattoriale, un incremento significativo della secrezione insulinica del 30%, soprattutto nelle prime due ore successive al pasto", ha spiegato il ricercatore. "Le ricadute cliniche derivanti dai risultati di questo studio sono enormi. Infatti, adottare una dieta ispirata alla tradizione mediterranea può indurre anche un miglioramento della secrezione precoce di insulina dopo i pasti, considerato uno dei meccanismi principali che portano al diabete tipo 2", ha concluso Angela Rivellese.


DIABETOLOGIA | REDAZIONE DOTTNET |