Dott. Vincenzo Tedesco

Nutrizionista e Neuroscienziato

Dottore in Biologia Cellulare e Molecolare

Dottore di Ricerca in Biomedicina Traslazionale e Farmacogenomica


Diete personalizzate

Nutrizione neuropsichiatrica e neurodegenerativa

Nutrizione estetica

Nutrizione sportiva per agonisti ed amatori

Intolleranze alimentari


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giovedì 19 settembre 2013

Alzheimer, colpevoli alimentazione e stile di vita scorretti?

L'accumulo di rame potrebbe essere una delle cause della malattia. Sotto accusa anche l'alcol; meglio uno stile di vita sano e un'alimentazione attenta

L'Alzheimer è una patologia neurodegenerativa grave e disabilitante che colpisce oggi circa il 5 percento della popolazione sopra i 60 anni. Si tratta di una patologia provocata da una alterazione delle funzioni cerebrali, che comporta una serie di difficoltà per il paziente nel condurre le normali attività, in quanto colpisce sia la memoria che le funzioni cognitive, e questo si ripercuote sulla capacità di parlare e di pensare.

Ad oggi non esistono farmaci in grado di fermare e far regredire la malattia, ma solo trattamenti sintomatici. Non si conosce nemmeno la causa scatenante della patologia, anche se è ormai noto che essa sia causata dall'accumulo delle placche amiloidi nel tessuto cerebrale.
Alcuni recenti studi hanno ipotizzato che le cause dell'Alzheimer dipendano da fattori ambientali.

IL RAME NEL CERVELLO - Secondo uno studio pubblicato poche settimane fa sulla prestigiosa rivista Proceedings of National Academy of Sciences l'accumulo di rame nel sangue potrebbe favorire l'insorgenza e la progressione dell'Alzheimer. Secondo i ricercatori il pericolo è dato dall'accumulo nel metallo nel tempo, che a lungo andare può compromettere la produzione del peptide beta-amiloide, responsabile della malattia.
Il rame però è un metallo comune, presente in molti cibi, e a volte anche nell'acqua. E' un metallo 'utile', serve infatti allo sviluppo osseo, del tessuto connettivo e anche allo stesso sistema nervoso. Solo l'eccesso di rame sembra dunque essere pericoloso, perché può causare la rottura della barriera ematoencefalica e interrompere la funzione della proteina Lrp1, normalmente deputata allo smaltimento del beta-amiloide, che così si accumula danneggiando il sistema nervoso.

Non è ancora possibile sostenere che l'eccesso di rame sia una causa dell'Alzheimer, perché la ricerca è stata condotta sul modello animale. Nel frattempo però lo studio suggerisce la necessità di trovare un equilibrio tra il consumo eccessivo e il consumo eccessivamente ridotto di questo metallo.

LE ABITUDINI NEGATIVE - Il rame non è l'unico caso di sostanza 'potenzialmente dannosa'. L 'Alzheimer Society inglese ha infatti individuato una correlazione tra l'alcol e le demenze, tra cui l'Alzheimer. Una ricerca recente ha infatti letteralmente processato il cosiddetto 'binge drinking': l'assunzione di 5 o più bevande alcoliche in un intervallo di tempo più o meno breve, molto di moda tra le generazioni dei più giovani. Sembra chiaro quindi che se un bicchiere di vino durante i pasti può essere benefico, l'eccessivo uso di alcol danneggia il cervello.

L'ALIMENTAZIONE - Come possiamo dunque pensare che la nostra alimentazione non condizioni la salute? L'alimentazione sana e lo stile di vita attivo ci fanno stare bene, quindi è probabile che possano aiutarci a stare bene più a lungo.
Via libera quindi a una dieta equilibrata, poca carne rossa (ricca di rame), frutta fresca e verdura di stagione, possibilmente condita con dell'ottimo olio extravergine di oliva, ovviamente meglio italiano. A questo proposito, un recente studio sostiene infatti che l'olio d'oliva sia addirittura in grado di ridurre il rischio di sviluppare la malattia neurodegenerativa. Pubblicata sulla rivista ACS Chemical Neuroscience la ricerca dimostra che l'oleocantale (un componente dell'olio d'oliva) sembra essere in grado di evitare la formazione delle proteine beta-amiloidi, associate alla comparsa della patologia.

Sindrome metabolica e neurodegenerazione


Neuroscienze e Nutrizione: Alzheimer, il diabete di tipo 3 - Il Diabete può portare al Parkinson 


La classe medica si prepara all'epidemia del XXI secolo
Le previsioni dei ricercatori parlano chiaro: la demenza, dovuta principalmente alla malattia di Alzheimer, interesserà 36 milioni di persone nel mondo nel 2020, 66 milioni nel 2030 e 115 milioni nel 2040. A questi casi si aggiungeranno milioni di casi di altre patologie neurodegenerative, principalmente la malattia di Parkinson, ma anche i parkinsonismi e la sindrome laterale amiotrofica (SLA).
Ancora oggi non conosciamo bene le cause delle malattie neurodegenerative, ma sappiamo che concorrono fattori genetici ed ambientali, tra cui l’alimentazione. Ecco il motivo per la fondazione dell’ Associazione Brain e Malnutrition (“Cervello e Malnutrizione”) che promuove incontri tra specialisti al fine di migliorare la comunicazione e favorire lo studio delle relazioni tra malattie neurodegenerative, metabolismo e nutrizione.
Durante l’incontro “Sindrome metabolica e Neurodegenerazione” neurologi, diabetologi e nutrizionisti hanno discusso le possibili interazioni tra malattia di Alzheimer, malattia di Parkinson, SLA, patologie diabete, altre patologie metaboliche (per sindrome metabolica si intende la presenza di un gruppo di fattori rischio per eventi cardiovascolari come l'infarto del miocardio e l'ictus, quali obesità addominale, riduzione del colosterolo cosiddetto "buono" ovvero HDL, aumento della glicemia e resistenza all'insulina) ed alimentazione. E’ stato stabilito quanto segue:
· Vi è una forte correlazione tra resistenza all’insulina e malattia di Alzheimer, tanto che si può parlare di diabete di III tipo. L’ipotesi più accreditata riguardo al meccanismo d’azione è che l’assenza di insulina influenza negativamente la fluidità delle membrane delle cellule nervose e quindi anche le sinapsi (le connessioni tra le singole cellule nervose)
· Il diabete è un fattore di rischio per malattia di Parkinson e contribuisce alla sua progressione, ma non è vero il contrario ovvero la malattia di Parkinson non è un fattore di rischio per diabete
· La SLA è caratterizzata da una notevole accelerazione del metabolismo
· La demenza è un fattore di rischio per episodi ipoglicemici, ma non è vero il contrario
· Sembra che le statine, importanti farmaci per la riduzione dei livelli di colesterolo nel sangue, offrano protezione contro lo sviluppo di malattia di Parkinson, ma solo nei soggetti aventi meno di 60 anni di età; è possibile che questo sia dovuto al fatto che riducono l’accumulo di alfa-sinucleina, la proteina che si accumula nei neuroni malati di Parkinson
· E’ stata ribadita l’importanza della dieta mediterranea, soprattutto degli antiossidanti contenuti nella frutta e nella verdura, e dei grassi omega-3 nel pesce
Per ulteriori informazioni e le singole relazioni presentate al convegno, che è stato sponsorizzato anche dalla Fondazione Grigioni, visitare il sito http://www.bm-association.it/