Dott. Vincenzo Tedesco

Nutrizionista e Neuroscienziato

Dottore in Biologia Cellulare e Molecolare

Dottore di Ricerca in Biomedicina Traslazionale e Farmacogenomica


Diete personalizzate

Nutrizione neuropsichiatrica e neurodegenerativa

Nutrizione estetica

Nutrizione sportiva per agonisti ed amatori

Intolleranze alimentari


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giovedì 30 aprile 2015

Le nuove linee guida dell'Oms per lo zucchero


L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha pubblicato le nuove linee guida per il consumo dello zucchero in adulti e bambini. Nel documento l'Oms raccomanda un apporto limitato di zuccheri semplici per tutta la durata della vita. Come secondo punto, l'organizzazione raccomanda ad adulti e bambini di ridurre l'apporto di zucchero libero a meno del 10% dell'apporto energetico totale. 
Infine, l'Oms invita anche a una riduzione dell'apporto di zucchero a meno del 5% dell'apporto calorico giornaliero. Tuttavia, poiché in questo caso il bilancio tra gli effetti positivi e gli eventuali svantaggi è meno chiaro che per le raccomandazioni precedenti, l'implementazione deve essere valutata caso per caso.
Per zuccheri semplici si intendono mono e disaccaridi, come glucosio, fruttosio e saccarosio, aggiunti ad alimenti e bevande sia nella produzione industriale, sia dalla ristorazione o anche a casa. Tra gli zuccheri l'Oms comprende anche quelli del miele e dei succhi di frutta.
L'obiettivo delle linee guida sullo zucchero è prevenire l'aumento di peso indesiderato e le carie dentali. A questi due problemi hanno contributo in passato gli zuccheri “nascosti” in molti alimenti industriali, che non hanno vantaggi nutrizionali. Gli zuccheri aggiunti infatti peggiorano la qualità dell'alimentazione perché aumentano l'apporto calorico, ma non quello dei nutrienti. Per esempio, una lattina di una comune bibita contiene circa 40 grammi di zucchero, circa 10 cucchiaini, o 150 kcal, ma non contiene vitamine o sali minerali.
Le linee guida dell'Oms sono state precedute da una fase di consultazione pubblica, sullo scopo delle linee guida, sulle principali domande a cui rispondere e sui risultati delle review da prendere in considerazione. La verifica della letteratura esistente e delle sue lacune ha permesso all'Oms di emanare queste linee guida, sulla base di una qualità dell'evidenza bassa o moderata.
Secondo i LARN (revisione 2012\14), gli zuccheri semplici, compresi gli zuccheri naturalmente presenti in latte, frutta e verdura, e gli zuccheri aggiunti, non devono essere superiori al 15% dell’energia totale. Nelle linee guida precedenti si consigliava di non superare il 10 %-12% dell’energia totale introdotta. I LARN sono i livelli di assunzione di energia e nutrienti raccomandati dalla Società Italiana di Nutrizione Umana.


Fonte: Guideline: Sugars intake for adults and children. Geneva: World Health Organization; 2015.

mercoledì 1 aprile 2015

Cibi grassi, depressione e malattie psichiatriche.


Una dieta ricca di grassi indurrebbe alterazioni del comportamento ed infiammazione cerebrale.

Le diete ad alto contenuto di grassi sono da sempre sul banco degli imputati perché aumentano il rischio di eventi cardiovascolari, infarti ed ictus in particolare. Di recente poi, alcune ricerche hanno attribuito ai banchetti ad alto contenuto di grassi anche la capacità di aumentare il rischio di depressione e di altre patologie psichiatriche.

E adesso, un gruppo di ricercatori della Louisiana State University, sostiene che questo tipo di dieta potrebbe arrivare a produrre alterazioni non solo dello stato di salute, in particolare del cervello, ma addirittura del comportamento di chi vi indulge spesso e volentieri. E il tutto a causa di uno stravolgimento della composizione del microbioma intestinale, ormai onnipresente leitmotiv della ricerca del terzo millennio.

Il microbioma, costituito da miliardi di batteri, è essenziale per il funzionamento dell’organismo; alterazioni nella sua composizione possono esporre a malattie di varia natura, anche psichiatriche. Partendo da queste considerazioni, i ricercatori americani autori di questo studio che sarà pubblicato il prossimo primo aprile su Biological Psychiatry sono andati a vedere se un tipo particolare microbioma, quale quello che si incontra nelle persone obese, potesse essere in grado di interferire con le funzioni cognitive e con il comportamento.

A tale scopo, i ricercatori hanno sottoposto a trapianto di microbioma intestinale, prelevato da topi nutriti a dieta iperlipidica o a dieta normale, un gruppo di topini adulti, non obesi, mantenuti con una dieta normale.

Gli animali trapiantati con il microbioma dei topi nutriti a dieta iperlipidica, hanno cominciato a presentare una serie di alterazioni del comportamento, quali aumento dell’ansia, alterazioni della memoria, comportamenti ripetitivi. Per di più, questi animali presentavano un’aumentata permeabilità intestinale e un aumento dei marcatori di infiammazione. Erano presenti inoltre segni di infiammazione cerebrale, che secondo gli autori, potrebbero in parte spiegare le alterazioni comportamentali.

“Queste evidenze – commenta John Krystal, direttore di Biological Psychiatry - suggeriscono che le diete ad elevato contenuto di grassi possono avere un impatto negativo sulla salute del cervello, in parte attraverso la distruzione della relazione simbiotica tra uomo e microrganismi, che albergano nel nostro tratto gastro-intestinale”.

In altre parole, un cambiamento della dieta, andando a modificare la composizione della flora batterica intestinale, produrrebbe delle alterazioni delle funzioni cerebrali.
Questi risultati sono coerenti con quelli di ricerche precedenti, che hanno dimostrato la presenza di un’associazione tra numerose patologie psichiatriche e sintomi gastrointestinali.

Quello che ancora sfugge, è attraverso quali meccanismi il microbioma intestinale riesca ad influenzare il comportamento. E per questo saranno ovviamente necessarie ulteriori ricerche. I risultati di questo studio sono comunque molto interessanti perché, almeno a livello speculativo, è ipotizzabile che il microbioma intestinale potrebbe diventare un bersaglio terapeutico, anche nei soggetti con condizioni psichiatriche.