Dott. Vincenzo Tedesco

Nutrizionista e Neuroscienziato

Dottore in Biologia Cellulare e Molecolare

Dottore di Ricerca in Biomedicina Traslazionale e Farmacogenomica


Diete personalizzate

Nutrizione neuropsichiatrica e neurodegenerativa

Nutrizione estetica

Nutrizione sportiva per agonisti ed amatori

Intolleranze alimentari


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mercoledì 15 luglio 2015

Lo stile di vita in gravidanza e rischio di obesità nel figlio

Quando una donna in gravidanza acquista più peso di quanto raccomandato, non effettua attività fisica e fuma, il figlio, raggiunta l'età di otto anni, potrebbe avere una probabilità più alta di essere sovrappeso oppure obeso. È il risultato di uno studio pubblicato sulla rivista BMC Pregnancy and Childbirth.
Nello studio sono stati estratti a caso i dati di 5.125 bambini, e sono state registrate le condizioni delle madri, attraverso interviste telefoniche. Per ogni bambino è stato calcolato il Bmi.
La probabilità di essere obeso o sovrappeso all'età di 8 anni per ogni chilogrammo di aumento di peso in gravidanza, per il fumo e per l'esercizio lieve durante la gravidanza rispetto ai sedentari era rispettivamente di 1.01, 1.23 e 0.77.
I figli delle donne che in gravidanza aumentavano di peso in misura superiore alle raccomandazioni dell'Institute of Medicine (IOM) avevano un rischio maggiore di obesità (OR: 1.45) rispetto ai figli di donne con aumento di peso in gravidanza nel range raccomandato. L'età della madre e il consumo di alcol non risultavano invece associati con il rischio di obesità. 
L'aumento di peso, l'attività fisica e il fumo durante la gravidanza erano associati in modo significativo con l'obesità dei figli all'età di 8 anni. 
Secondo gli autori, i medici dovrebbe fortemente consigliare alle donne di non fumare e di praticare un'attività fisica di livello moderato durante la gravidanza, per prevenire l'insorgere dell'obesità nei figli in un momento successivo.

Fonte:
Mourtakos, Stamatis P., et al. "Maternal lifestyle characteristics during pregnancy, and the risk of obesity in the offspring: a study of 5,125 children." BMC pregnancy and childbirth 15.1 (2015): 66.

Teenager obesi: aumenta il rischio Alzheimer

Gli adolescenti obesi, con resistenza all'insulina, hanno alcuni parametri del sangue che suggeriscono un maggiore rischio per la malattia di Alzheimer. I teenager obesi hanno livelli più alti di biomarcatori, molecole nel plasma, che possono essere associati con un maggiore rischio di sviluppare successivamente demenza, problemi cognitivi da anziani e l'Alzheimer.
È il risultato di uno studio italiano pubblicato su Pediatrics.
I ricercatori si sono chiesti se ci sia un rapporto tra lo sviluppo precoce della resistenza all'insulina e il rischio di demenza e malattia di Alzheimer. A questo scopo sono stati valutati i valori plasmatici del peptide beta amiloide (Aβ42) e presenilina 1 (PSEN1) in 101 bambini di età prescolare e 309 adolescenti con vari BMI.
È risultato che gli adolescenti obesi avevano valori di Aβ42 maggiori rispetto ai coetanei in sovrappeso e di peso normale. Avevano anche valori più alti di PSEN1. La concentrazione di Aβ42 era correlata in modo significativo con il BMI, e con la resistenza all'insulina (misurata con l'HOMA-IR e il QUICKI). 

Fonte:
Luciano, Rosa, et al. "Biomarkers of Alzheimer Disease, Insulin Resistance, and Obesity in Childhood." Pediatrics (2015): peds-2014.

sabato 11 luglio 2015

Età biologica e metabolica: la rapidità di invecchiamento dipende anche dal fegato

Diversi parametri clinici e genetici, tra cui la funzionalità epatica consentono di determinare la rapidità con cui avanza l'invecchiamento di una persona.

Si invecchia da molto giovani dunque se il fegato viene trattato male, conferma uno studio da Dan Belsk, della Duke University e colleghi, che hanno misurato la rapidità dell'invecchiamento di quasi 1000 persone sulla base di 18 parametri biologici analizzando i dati del Dunedin Multidisciplinary Health and Developmental Study, uno storico studio neozelandese in cui più di un migliaio di persone sono state seguite dai primi anni settanta fino ad oggi, con misurazioni periodiche di diversi parametri clinici e con questionari sulle abitudini di vita.

L'invecchiamento è un processo che dura tutta la vita e non è ristretto a una particolare fascia di età (© B. BOISSONNET/BSIP/BSIP/Corbis). In particolare, Belsk e colleghi hanno considerato, per tre diverse età dei soggetti - 26, 32 e 38 anni - i livelli di colesterolo HDL, il colesterolo "buono", la capacità cardiorespiratoria, la funzione renale e quella epatica, la condizione dentale, la condizione vascolare della retina, indicativa dello stato dei vasi intracranici, oltre a parametri genetici come la lunghezza dei telomeri, i "cappucci" dei cromosomi che si accorciano via via che aumenta l'età.

Per ognuno di questi marcatori biologici, hanno assegnato a ciascun partecipante un'età biologica, che per i trentottenni poteva variare tra 30 a 60 anni, e una velocità d'invecchiamento. L'analisi statistica ha dimostrato che, per quest'ultimo parametro, la maggior parte dei partecipanti invecchiava al ritmo di un anno per anno, ma alcuni soggetti invecchiavano di tre anni per anno.

La maggior parte degli studi in materia d'invecchiamento considerano soggetti già anziani, ma è possibile riscontrare dei giovani-vecchi a conferma del fatto che l'invecchiamento non è qualcosa che riguarda la vecchiaia, ma la giovinezza e tutta la vita.

Come ci si attendeva, i soggetti che invecchiavano più rapidamente secondo i parametri clinici erano quelli che portavano peggio i propri anni anagrafici. La conferma è venuta dal confronto delle fotografie scattate ai soggetti durante tutto il periodo in cui sono stati seguiti.

venerdì 10 luglio 2015

Esporsi al sole è più rischioso se si consumano molti agrumi

Gli agrumi sono cibi ricchi di psoraleni e furanocumarine che hanno proprietà foto-carcinogeniche. Secondo i risultati di uno studio condotto presso la Brown University, individui con la pelle chiara che consumano molti agrumi hanno un rischio significativamente maggiore, anche se numericamente non allarmante, di sviluppare un melanoma maligno nell’arco di 25 anni.

Lo studio in questione ha coinvolto più di 100.000 persone (circa 60.000 donne e 40.000 uomini) che sono state regolarmente seguite ogni 2 o 4 anni a partire dal 1984/86 e fino al 2010 per registrare i consumi alimentari e l’incidenza di casi di melanoma.

In un periodo di follow-up di circa 25 anni sono stati registrati 1.840 casi di melanoma. Eliminando i potenziali fattori di confondimento è emerso che il rischio di sviluppare melanoma era pari a 1.00 per un consumo di agrumi inferiore a 2 volte alla settimana, saliva a 1.10 per un consumo di 2-4 volte alla settimana e raggiungeva il massimo di 1.36 per un consumo maggiore di 1.6 agrumi al giorno. Gli autori hanno anche osservato che il consumo di pompelmo era particolarmente associato al rischio di melanoma; il rischio per una persona che ne consumava più di tre volte alla settimana era di 1,41 volte maggiore rispetto a una persona che non ne consumavano affatto.

Dai risultati di questo studio emerge dunque che il consumo di pompelmo in particolare, e di arance in misura minore, può essere associato a un rischio maggiore di sviluppare melanoma. Gli autori sottolineano comunque come i risultati di questo studio non suggeriscano assolutamente che il consumo di agrumi possa essere pericoloso per la salute; al contrario questi risultati dovrebbero spingere le persone che consumano molti agrumi a prestare maggiore attenzione prima di esporsi al sole.


"Citrus Consumption and Risk of Cutaneous Malignant Melanoma"
http://jco.ascopubs.org/content/early/2015/06/24/JCO.2014.57.4111.abstract

Il rumore fa ingrassare

Il rumore del traffico (che sia aereo, ferroviario o stradale, non fa differenza) potrebbe in una certa misura aumentare il rischio di obesità. Un gruppo di ricercatori svedesi del Karolinska Institutet di Stoccolma è giunto a questa conclusione dopo avere seguito più di 5.000 svedesi di entrambi i sessi, e messo in relazione il loro indice di massa corporea, la circonferenza vita e il rapporto vita-fianchi con l’inquinamento acustico della zona in cui vivevano. È stata così notata una precisa correlazione tra i due fattori, che potrebbe essere riassunta in questa formula: a ogni 5 decibel in più di rumore di fondo, si registrava una media di 0,21 centimetri in più di circonferenza vita. Lo sferragliare dei treni, i rombi degli aerei in avvicinamento e il rumore del traffico automobilistico sono stati anche associati a un aumento del rischio di obesità, che aumenta esponenzialmente per chi vive in località esposte a due o più fonti di rumore. Forse non è il caso di cambiare casa invece di mettersi seriamente a dieta, se si è sovrappeso, ma evitare le zone più rumorose quando si è in cerca di un nuovo appartamento è certo una cosa positiva (e non solo per il girovita).

Fonte: Occupation & Environmental Medicine