Dott. Vincenzo Tedesco

Nutrizionista e Neuroscienziato

Dottore in Biologia Cellulare e Molecolare

Dottore di Ricerca in Biomedicina Traslazionale e Farmacogenomica


Diete personalizzate

Nutrizione neuropsichiatrica e neurodegenerativa

Nutrizione estetica

Nutrizione sportiva per agonisti ed amatori

Intolleranze alimentari


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Allergie e Intolleranze Alimentari




1. Introduzione
La maggior parte delle persone può mangiare una grande varietà di cibi senza alcun problema. Per una piccola percentuale di individui, tuttavia, determinati alimenti o componenti alimentari possono provocare reazioni negative, da una leggera eruzione cutanea ad una risposta allergica di grave entità.Le reazioni negative agli alimenti possono essere causate da allergia alimentare o intolleranza alimentare. Benché circa una persona su tre ritenga di essere "allergica" a certi alimenti, l’allergia alimentare ha un’incidenza effettiva intorno al 2% della popolazione adulta. Nei bambini, il dato sale al 3-7%, anche se, nella maggior parte dei casi, l’allergia viene superata con l’età scolare.

2. Qual è la differenza tra allergie e intolleranze alimentari?
La reazione negativa al cibo è spesso erroneamente definita allergia alimentare. In molti casi è provocata da altre cause come un’intossicazione alimentare di tipo microbico, un’avversione psicologica al cibo o un’intolleranza ad un determinato ingrediente di un alimento. L’allergia alimentare è una forma specifica di intolleranza ad alimenti o a componenti alimentari che attiva il sistema immunitario. Un allergene (proteina presente nell’alimento a rischio che nella maggioranza delle persone è del tutto innocua) innesca una catena di reazioni del sistema immunitario tra cui la produzione di anticorpi. Gli anticorpi determinano il rilascio di sostanze chimiche organiche, come l’istamina, che provocano vari sintomi: prurito, naso che cola, tosse o affanno. Le allergie agli alimenti o ai componenti alimentari sono spesso ereditarie e vengono in genere diagnosticate nei primi anni di vita. L’intolleranza alimentare coinvolge il metabolismo ma non il sistema immunitario. Un tipico esempio è l’intolleranza al lattosio: le persone che ne sono affette hanno una carenza di lattasi, l’enzima digestivo che scompone lo zucchero del latte.

3. Allergia alimentare

3.1. Che cosa avviene in una reazione allergica?
Generalmente, il sistema immunitario protegge il corpo dalle proteine estranee dannose scatenando una reazione per eliminarle. L’allergia è essenzialmente "un’alterazione immunitaria" in cui una sostanza normalmente innocua viene “percepita” come una minaccia - un allergene - e attaccata dalle difese immunitarie dell’organismo. In una vera reazione allergica, l’organismo produce anticorpi (proteine che si legano specificamente ad altre proteine chiamate antigeni - in questo caso allergeni - per disattivarle ed eliminarle dal corpo). La categoria di anticorpi che prende il nome di immunoglobuline E (IgE) reagisce con l’allergene scatenando un’ulteriore reazione con i mastociti (cellule dei tessuti) e i basofili (un tipo di cellula ematica). I mastociti si trovano sotto la superficie cutanea e nelle membrane che rivestono il naso, l’apparato respiratorio, gli occhi e l’intestino. Rilasciano una sostanza chiamata istamina o altre sostanze quali i leucotrieni e le prostaglandine che provocano reazioni allergiche come quelle indicate nella tabella riportata di seguito. Le reazioni negative sono immediate e di solito localizzate. Alcune reazioni allergiche impiegano varie ore o addirittura giorni a manifestarsi dopo l’esposizione ad una proteina estranea. In questo caso si parla di "reazioni di ipersensibilità ritardata".
Fortunatamente, la maggior parte delle risposte allergiche agli alimenti è relativamente lieve ma in un numero limitato di persone si verifica una reazione violenta che può essere letale e che prende il nome di anafilassi. A volte la reazione anafilattica può manifestarsi nel giro di qualche minuto dall’esposizione e richiede cure mediche immediate. Le arachidi sono molto note come causa di "shock anafilattico", una grave condizione in cui la pressione arteriosa precipita e il soggetto può morire di arresto cardiaco se non gli viene rapidamente somministrata adrenalina per aprire le vie respiratorie.

3.2. Quali sono i soggetti a rischio di allergia alimentare?
La presenza di casi in famiglia è uno dei fattori che permette di prevedere problemi alimentari di tipo allergico. Nei neonati che hanno un genitore allergico il rischio di sviluppare un’allergia alimentare è due volte superiore rispetto ai neonati i cui genitori non soffrono di allergie. Se entrambi i genitori sono allergici, il rischio aumenta da quattro a sei volte. In base ai dati raccolti, l’allattamento al seno, comparato con l’alimentazione artificiale, ridurrebbe il rischio di allergia alimentare. Nei neonati con parenti stretti che soffrono di allergie, il solo allattamento al seno per 4-6 mesi sembra sufficiente a fornire una certa protezione.

3.3. Qual è l’incidenza delle allergie alimentari?
Le stime effettive sull’incidenza delle allergie alimentari sono decisamente inferiori alla percezione della gente. Anche se da una su tre persone circa crede di soffrirne, in realtà le allergie alimentari sono scarsamente diffuse. La reale incidenza è indicata soltanto da qualche studio, con conferma della reazione allergica attraverso un test clinico in doppio cieco (assunzione alternata dell’alimento e di un placebo, in forma non riconoscibile, senza che né il paziente né il medico conoscano la sequenza di somministrazione).
Sulla base di tali studi, è stato stimato che le allergie alimentari si manifestano nell’1-2% circa della popolazione adulta. L’incidenza è più elevata tra i bambini piccoli, con una stima tra il 3 e il 7%. Fortunatamente, l’80-90% di tali soggetti supera l’ipersensibilità al raggiungimento del terzo anno di età. Mentre le allergie infantili all’uovo e al latte vaccino possono scomparire, le allergie alle noci, ai legumi, al pesce e ai molluschi tendono a protrarsi per tutta la vita.

3.4. Quali alimenti sono più comunemente causa di allergie alimentari?
Anche se le reazioni allergiche possono manifestarsi con qualsiasi alimento o componente alimentare, in alcuni le probabilità di provocare allergie sono superiori. Tra gli allergeni alimentari più comuni vi sono il latte vaccino, le uova, la soia, il grano, i crostacei, la frutta, le arachidi e vari tipi di noci.

3.4.1. Allergia alle proteine del latte vaccino
L’allergia alle proteine del latte vaccino si riscontra più comunemente nei neonati e nei bambini, soprattutto in quelli che hanno una storia familiare di predisposizione alle allergie. Si manifesta in un numero di neonati compreso tra lo 0,5 e il 4% ma l’incidenza diminuisce con l’età. I sintomi più comuni sono vomito e diarrea anche se la gamma di risposte negative varia da una persona all’altra. Fortunatamente, le reazioni alle proteine del latte vaccino sono generalmente di breve durata e l’incidenza nei bambini più grandi e negli adulti è nettamente inferiore.
L’allergenicità del latte vaccino può essere ridotta mediante alcuni processi caseari. Per esempio il trattamento a temperatura elevata che modifica la struttura di alcune delle proteine del latte. Per questo motivo, alcuni soggetti sensibili a questo alimento possono tollerare i prodotti a base di latte sterilizzato o evaporato ma non il latte pastorizzato. Vi sono anche altre lavorazioni casearie, quali la trasformazione enzimatica delle proteine in peptidi, che possono ridurre il potenziale allergenico delle proteine del siero di latte. Nei prodotti fermentati, come lo yogurt, e nei formaggi, le proteine del latte mantengono per lo più invariata la loro struttura e quindi la loro allergenicità.
Avuta conferma della diagnosi di allergia alla proteina del latte, è importante seguire una dieta bilanciata e sana, soprattutto durante la crescita e lo sviluppo del bambino. I consigli alimentari di un professionista sono fondamentali per garantire un’assunzione ottimale di nutrienti essenziali, quali calcio, magnesio, vitamine A, D, B2 e B12. Il consumo di sardine e salmone con lisca (in scatola) e di verdure verdi cotte, per esempio i broccoli, contribuisce a fornire la giusta dose di calcio.

3.4.2. Allergia ai vari tipi di noci
L’allergia alle noci è una patologia di una certa gravità perché inizia in tenera età, dura per tutta la vita e può essere letale. Le arachidi, note anche come noccioline americane, e i vari tipi di noci che crescono su albero, come le noci stesse, le mandorle, le noci brasiliane e le nocciole possono provocare sintomi anche con un minimo contatto con la pelle o per inalazione. Nella sua forma più lieve, l’allergia alle noci può limitarsi a provocare sfoghi cutanei, nausea e mal di testa e a volte gonfiore della lingua e delle labbra, mentre nella sua forma più grave può provocare uno shock anafilattico. Per la potenziale gravità dei sintomi, chi soffre di allergia alle noci deve assolutamente evitare il contatto con questi cibi e portare sempre con sé l’adrenalina (per neutralizzare la violenta reazione allergica).

3.4.3. Altri comuni allergeni alimentari
Tra gli altri alimenti che presentano maggiori probabilità di essere associati alle reazioni allergiche vi sono frutta, legumi (compresi i germogli di soia), uova, crostacei (granchi, gamberi di fiume e di mare, aragoste), pesce, ortaggi, semi di sesamo, semi di girasole, semi di cotone, semi di papavero e semi di senape. Il potenziale allergenico di alcuni allergeni alimentari può essere eliminato (anche se non sempre) mediante la cottura o la lavorazione industriale, attraverso le quali le proteine vengono denaturate. Le tecniche più recenti, come il trattamento ad alta pressione, la fermentazione e il trattamento con enzimi, possono contribuire a ridurre l’allergenicità di alcune proteine alimentari. Nel caso degli olii, è inoltre possibile eliminare gli allergeni mediante la raffinazione. Una parte dei problemi rimasti irrisolti nel campo delle allergie alimentari, sia per i prodotti industriali che per quelli consumati fuori casa, potrebbe essere la presenza di lievi tracce che possono provocare la reazione allergica.

4. Intolleranze alimentari
L’intolleranza può provocare sintomi simili all’allergia (tra cui nausea, diarrea e crampi allo stomaco), ma la reazione non coinvolge nello stesso modo il sistema immunitario. L’intolleranza alimentare si manifesta quando il corpo non riesce a digerire correttamente un alimento o un componente alimentare. E' una reazione cronica quindi, non acuta come l'allergia. Mentre i soggetti veramente allergici devono in genere eliminare del tutto il cibo incriminato, le persone che hanno un’intolleranza possono spesso sopportare piccole quantità dell’alimento o del componente in questione senza sviluppare sintomi. Fanno eccezione gli individui sensibili al glutine e al solfito.

4.1. Quali sono le cause più comuni dell’intolleranza alimentare?
I due più comuni responsabili dell’intolleranza alimentare sono il lattosio e il glutine. Spesso sono definite pseudo-allergie in quanto determinate da carenze degli enzimi addetti alla metabolizzazione. Dunque diversamente dalle allergie non sono reazioni immunomediate, ma si distinguono per alcuni aspetti anche dalle intolleranze propriamente dette. Una moltitudine di intolleranze infatti si manifesta non per carenze enzimatiche ma per malassorbimenti ed accumuli della sostanza a cui si è intolleranti.

4.1.1. Intolleranza al lattosio
Il lattosio è lo zucchero contenuto nel latte. Normalmente, l’enzima chiamato lattasi, presente nell’intestino tenue, scompone il lattosio in zuccheri più semplici (glucosio e galattosio) che entrano poi in circolo nel sangue. Quando l’attività enzimatica è ridotta, il lattosio non viene scomposto e viene trasportato nell’intestino crasso dove viene fermentato dai batteri presenti in quella parte del corpo. Questo può determinare sintomi come flatulenza, dolore intestinale e diarrea.
Anche se la maggior parte dei popoli di ceppo nordeuropeo produce una quantità sufficiente di lattasi per tutta la vita, tra le razze non bianche e le popolazioni del Medio Oriente, dell’India e di alcune parti dell’Africa, compresi i loro discendenti, la carenza di lattasi è un fenomeno molto diffuso. In realtà, circa il 70% della popolazione mondiale adulta non produce lattasi a sufficienza e presenta quindi un certo grado di intolleranza al lattosio. In Europa, la carenza di lattasi si manifesta nel 5% circa della popolazione bianca, con marcate variazioni a seconda del Paese, e in proporzione decisamente superiore (50-80%) nelle minoranze etniche.
La quantità di latte e latticini tale da determinare sintomi di intolleranza è molto variabile. Molti soggetti che hanno una ridotta attività intestinale della lattasi possono bere un bicchiere di latte senza alcun problema. Analogamente, i formaggi stagionati, che hanno un basso contenuto di lattosio, e i prodotti a base di latte fermentato, come lo yogurt, sono in genere ben tollerati. Questo potrebbe spiegare l’ampio consumo di prodotti a base di colture di latte e di yogurt nelle regioni del mondo in cui la carenza di lattasi è più diffusa. Inoltre, l’introduzione costante di cibi contenenti lattosio nell’ambito dei pasti induce un progressivo adattamento e la riduzione della quantità totale di lattosio ingerita in un solo pasto può migliorare la tolleranza negli individui sensibili.

4.1.2. Intolleranza al glutine
L’intolleranza al glutine è una disfunzione intestinale che si manifesta quando il corpo non tollera il glutine (proteina presente nel grano, nella segale, nell’orzo e nell’avena, anche se quest’ultima è oggetto di controversie e di ricerche per stabilirne l’effettivo ruolo). La diffusione della malattia, comunemente chiamata celiachia o intolleranza al glutine, è sottostimata. Gli esami serologici rilevano questa malattia, che altrimenti non verrebbe diagnosticata, in 1 individuo su 100 della popolazione Europea (con differenze regionali).
La celiachia è una disfunzione permanente e può essere diagnosticata a qualsiasi età. Se la persona che ne è affetta consuma un alimento contenente glutine, le pareti di rivestimento dell’intestino tenue si danneggiano e subiscono una riduzione della capacità di assorbire nutrienti essenziali quali grassi, proteine, carboidrati, minerali e vitamine. I sintomi includono diarrea, debolezza dovuta a perdita di peso, irritabilità e crampi addominali. Nei bambini, possono manifestarsi sintomi di malnutrizione come, ad esempio, una crescita insufficiente. Attualmente, l’unico aiuto per i pazienti celiaci è una dieta priva di glutine. I centri di dietologia e le organizzazioni di informazione sulla celiachia mettono a disposizione gli elenchi degli alimenti privi di glutine. Escludendo tale sostanza dalla dieta, l’intestino si ripara gradualmente e i sintomi scompaiono.
Sono in corso ricerche per individuare l’esatta natura e sequenza degli aminoacidi del glutine che determinano la celiachia e queste conoscenze potrebbero costituire, in futuro, la base per l’applicazione della biotecnologia allo sviluppo di cereali che non causano intolleranza.

4.1.3. Intolleranza ad additivi o altri alimenti
Se per la maggioranza delle persone gli additivi alimentari non costituiscono un problema, alcuni soggetti che soffrono di specifiche allergie possono essere sensibili a determinati additivi quali alcuni coloranti e i solfiti.Poiché tutti gli additivi alimentari devono essere chiaramente indicati in etichetta, coloro che hanno una specifica sensibilità o ritengono di averla possono facilmente evitare qualsiasi additivo che costruisca un potenziale problema.
Esistono però altri tipi di intolleranze meno comuni e diagnostiscabili solo attraverso test di laboratorio specifici. Ad esempio si possono citare le intolleranze (non allergie) alle proteine del latte, al grano, al pomodoro, all'olivo, all'uovo, al caffè e agli alimenti appartenenti alle rispettive famiglie biologiche.

5. Diagnosi di allergie e intolleranze
Mentre per la diagnosi delle allergie alimentari vi è un metodo, riconosciuto ed ampiamente validato che si basa sulla ricerca degli anticorpi IgE nel sangue del paziente, numerosi sono i metodi di indagine che cercano di trovare riconoscimento e validazione scientifica per la diagnosi delle intolleranze alimentari. 
Uno dei metodi riconosciuti e dalla elevata sensibilità è il "Cytotest".
Il metodo Cytotest utilizzato per diagnosticare le intolleranze alimentari, si basa sull’alterazione dei leucociti a contatto con gli allergeni liofilizzati essiccati presenti su ogni vetrino.
Ai pazienti risultati positivi ad una o più sostanze si suggerisce di eliminarle completamente dall’alimentazione per un periodo che dipende dal grado di reazione riscontrato.
L’eliminazione ha come obiettivo quello della disintossicazione dell’organismo ed in particolare permette di ottenere la perdita di memoria da parte dei globuli bianchi che quel particolare alimento è tossico per l’individuo.
Le intolleranze alimentari non sono perenni. Normalmente, dopo un periodo di astinenza gli alimenti risultati positivi possono essere reintrodotti nella dieta evitando assunzioni quotidiane che potrebbero facilitare un nuovo accumulo di tossine nell’organismo.

Riassumiamo di seguito alcune considerazioni fondamentali sulle intolleranze alimentari:
- sono una reazione cronica ad alimenti assunti frequentemente (grano, latte, pomodoro, olivo, caffè e così via); 
- il disturbo che provocano non segue immediatamente l’assunzione ma può avvenire a distanza di tempo, anche fino a 72 ore dopo; 
- si possono manifestare con sintomi e malattie a carico di qualsiasi organo-apparato-sistema; 
- il fenomeno si può accompagnare a disturbi di assuefazione, dipendenza e relativa astinenza in caso di sospensione; 
- i sintomi non sono proporzionali alla quantità dell’alimento intollerato introdotto, quindi non sono dose-dipendente, anche piccole quantità possono mantenere l’intolleranza; 
- sono frequenti reazioni trasversali tra alimenti della stessa famiglia biologica o gruppo, quindi assumere alimenti collaterali vuol dire non disintossicare l’organismo e mantenere l’intolleranza; 
- probabilmente sono dovute ad alterazioni del sistema immunitario (granulociti neutrofili - IgG 4 - interleukina 1) causate da agenti stressanti in genere, sostanze chimiche ed inquinanti.