Dott. Vincenzo Tedesco

Nutrizionista e Neuroscienziato

Dottore in Biologia Cellulare e Molecolare

Dottore di Ricerca in Biomedicina Traslazionale e Farmacogenomica


Diete personalizzate

Nutrizione neuropsichiatrica e neurodegenerativa

Nutrizione estetica

Nutrizione sportiva per agonisti ed amatori

Intolleranze alimentari


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lunedì 29 novembre 2021

Chiave anti-aging? Controllare infiammazione, grassi e zuccheri

Sono tre i principali fattori che regolano l’invecchiamento, l’infiammazione, il metabolismo dei grassi e quello degli zuccheri, tutti e tre, quindi, ampiamente controllabili con una corretta alimentazione. È la conclusione di uno studio realizzato da una collaborazione tra I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli (IS), Università di Bologna, Università dell’Insubria a Varese e Università Lobachevsky di Nizhny Novgorod (Russia) e pubblicato su Aging Research Reviews.

Il lavoro, che ha esaminato i dati di una serie di studi sull’argomento, potrebbe portare a nuove idee su come rallentare il processo di invecchiamento. Accanto a quella anagrafica esiste infatti un’età biologica, quella che realmente rispecchia di quanto il nostro corpo stia invecchiando. Modulando i processi infiammatori, nonché controllando grassi e zuccheri nel nostro corpo, si può almeno in parte frenare l’avanzare dell’età biologica di ciascuno di noi. Quindi, con la loro analisi i ricercatori sono stati in grado di definire tre principali ‘strade’ comuni che sembrano influenzare l’età biologica di una persona: l’infiammazione, il metabolismo e trasporto lipidico e il metabolismo dei carboidrati.

“Questi risultati – spiega Aurelia Santoro, ricercatrice al Dipartimento di Medicina Specialistica, Diagnostica e Sperimentale dell’Università di Bologna – indicano come interventi sullo stile di vita, ad esempio aderire ad una dieta di tipo Mediterraneo, oppure la restrizione calorica o il digiuno intermittente, possano influire proprio sui tre processi biologici individuati, agendo sui metabolismi, lipidico e glucidico, ma riducendo anche il livello di infiammazione e di stress ossidativo dell’organismo”.

“Nonostante la grande eterogeneità che caratterizza la risposta agli interventi nutrizionali nell’uomo, dovuta sia a fattori genetici sia ambientali e culturali – aggiunge Claudio Franceschi, professore emerito dell’Università di Bologna e direttore del laboratorio di System Medicine for Healthy Ageing dell’Università Lobachevsky di Nizhny Novgorod in Russia – l’impatto del regime alimentare sui meccanismi di base dell’invecchiamento rimane determinante”.

“Sono prospettive estremamente interessanti per la medicina”, commenta Licia Iacoviello, direttore del Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione del Neuromed e Ordinario di Igiene e Salute pubblica all’Università dell’Insubria di Varese. “Prima di tutto perché, conoscendo l’età biologica di una persona, potremo riuscire a personalizzare la prevenzione e le eventuali terapie non più sulla sola età anagrafica, ma su come quello specifico individuo stia invecchiando realmente. Inoltre, anche grazie a ulteriori studi che dovranno essere condotti per affinare questi risultati, possiamo cominciare a individuare alcuni elementi capaci di rallentare il processo di invecchiamento, primo fra tutti gli stili di vita come l’alimentazione”.


Novembre, 2021 Redazione Nutri & Previeni


Disturbi intestino per 3 italiani su 4: aumento durante Covid

Un periodo in cui il cibo è diventato centrale, come fosse Natale tutti i giorni. È stata così la pandemia: soprattutto nelle fasi critiche, complici stress e isolamento, spesso hanno vinto gli eccessi: di calorie, ma anche di grassi e zuccheri. Il risultato sono stati aumenti di peso, ma anche difficoltà digestive, gonfiore, nausea, senso di pesantezza. Tre italiani su 4 dichiarano di soffrire abitualmente di almeno un disturbo gastrointestinale, ma con il Covid la tendenza è in aumento: dal 47,8% del 2019 per chi soffre con  intensità di questi disturbi al 56% del 2021. In particolare, a rappresentare questa criticità, seppur nelle forme lievi, sono i trentenni. Emerge da una ricerca su un campione online di 1.000 persone di Human Highway per Assosalute.

“Se è vero che l’apparato digerente viene definito come ‘secondo cervello’, ciò che incide sulla vita può avere ripercussioni – spiega Attilio Giacosa, gastroenterologo e docente all’Università di Pavia – i dati durante il primo lockdown evidenziano come circa il 17% degli intervistati abbia avuto una riduzione dell’appetito, mentre il 34% ha manifestato un aumento di fame e desiderio di cibo, con un 48% che ha aumentato il peso. Queste variazioni hanno portato a difficoltà digestive e ad alterazioni delle funzioni intestinali.”

Fenomeni condizionati anche dalla sedentarietà. Ad intensificare i disturbi gastrointestinali in pandemia sono stati anche  stress e ansia (62,7%), soprattutto tra le donne. Vi sono poi connessioni tra l’infezione Covid e le alterazioni del microbiota intestinale. Il virus può portare, infatti, spiega Giacosa, “a effetti negativi per gli equilibri della flora intestinale, sia nella sede del colon che nell’intestino tenue”.

Rispetto al periodo pre-pandemico e nel caso di disturbi gastro-intestinali, gli italiani fanno sempre più frequentemente riferimento al medico di base, attenendosi alle sue indicazioni (44% del campione), con il 24,1% che si rivolge al farmacista. Soprattutto le donne ricorrono abitualmente ai farmaci di automedicazione (40%), curano l’alimentazione (49,3%) e utilizzano i “rimedi della nonna” (31,6%). Se il dolore persiste, il vomito non si arresta e in caso di perdita di sangue, sia per bocca che per via rettale, occorre però contattare il medico.

Redazione Nutri & Previeni

lunedì 1 novembre 2021

Allarme Covibesity: più dolci e meno attività

Negli Usa è raddoppiato l’incremento dell’indice di massa corporea rispetto al periodo pre-Covid mentre in Italia circa 4 bambini su 10 in Italia hanno modificato le proprie abitudini alimentari durante la pandemia. A lanciare l’allarme nei confronti della ‘Covibesity’, termine comparso in letteratura scientifica per descrivere l’aggravamento dei tassi di obesità dovuto al confinamento causato dal Covid è la Società Italiana di Pediatria (Sip) che lancia un appello a ripristinare sani stili di vita messi a dura prova in quasi due anni di pandemia.

Secondo uno studio del CDC (Centers for Disease Control and Prevention) Usa condotto su oltre 432 mila bambini e ragazzi tra 2 e 19 anni, il tasso di incremento dell’indice di massa corporea (che misura il rapporto tra peso e altezza) è raddoppiato rispetto al periodo pre-pandemico, mentre la percentuale di bambini e ragazzi obesi in un anno è passata dal 19,3% al 22,4%. E chi era già in sovrappeso lo è diventato ancora di più, ‘guadagnando’ oltre mezzo kg al mese, un ritmo di crescita che in 6 mesi significa 3-4 kg in più, più del doppio di quello che dovrebbe essere il giusto aumento di peso.

“Alla luce di questo scenario diventa ancora più importante promuovere una corretta alimentazione perché l’epidemia dilagante di obesità infantile, aggravata dalla pandemia, è più silenziosa ma altrettanto pericolosa di quella generata dal Covid-19”, afferma Annamaria Staiano, presidente Sip e professoressa ordinaria di Pediatria all’Università Federico II di Napoli. 

Sono sempre gli esperti della Sip a dare dei consigli su come invertire questa tendenza. Alimenti sani, 5 pasti al giorno e 5 pasti a settimana consumati in famiglia sono alcune delle strategie per ridurre il rischio di obesità indicate in un manifesto in 7 punti redatto proprio dalla Società Italiana di Pediatria per il progetto “Non siete soli” di ENI Foundation.

“Il modello alimentare di riferimento è la dieta mediterranea, ricca di alimenti di origine vegetale, caratterizzata dall’impiego di olio di oliva come principale fonte di grassi aggiunti e da un consumo moderato di pesce, uova, pollame e prodotti caseari abbinato ad un ridotto consumo di carne rossa. Diversi studi hanno dimostrato che minore è l’aderenza al modello mediterraneo e maggiore è la prevalenza di sovrappeso”, spiega Elvira Verduci consigliere nazionale Sip e professore associato di Pediatria all’Università degli Studi di Milano.

Nell’ambito del progetto la Sip promuoverà iniziative nelle scuole e distribuirà agli 11 mila pediatri che aderiscono alla Società Scientifica un poster che riassume 7 consigli da tenere a mente. Innanzitutto, consumare almeno 5 pasti alla settimana in famiglia, per promuovere l’adozione di sane abitudini, e consumare 5 pasti al giorno, ovvero due spuntini oltre ai tre pasti principali. Non saltare la prima colazione: farlo porta a un consumo di alimenti eccessivo nelle ore successive rispetto alla spesa energetica giornaliera. Limitare alimenti da fast food, snack a elevato contenuto energetico, ricchi in grassi saturi, zuccheri raffinati e sale. Limitare le bevande zuccherate e attenzione, inoltre, alle porzioni degli alimenti, che devono essere corrette in base all’età. Infine, incoraggiare un’attività fisica giornaliera di intensità moderata-vigorosa per almeno 60 minuti e limitare il tempo speso davanti agli schermi, specialmente durante i pasti.

Nutri e previeni